Cambiamenti climatici, il dannoso impatto dei video online: quelli pornografici rappresentano il 27% del traffico mondiale, serve “sobrietà digitale” [VIDEO]

Oggi, i video in rete rappresentano il 60% dei flussi di dati globali, essendo il principale utilizzo degli strumenti digitali in tutto il mondo e, quindi, il principale fattore di emissioni di gas serra nel settore digitale
MeteoWeb

Guardare video online è ormai una pratica quotidiana per tutti, che sia per lavoro, informazione o semplice divertimento. Eppure non tutti sanno che questa semplice azione è estremamente dannosa per il clima del nostro pianeta, che sta già affrontando la sfida dei cambiamenti climatici. I video online, infatti, emettono a livello globale la stessa quantità di CO? della Spagna, ossia oltre 300Mt all’anno. Oggi, i video in rete rappresentano il 60% dei flussi di dati globali, essendo il principale utilizzo degli strumenti digitali in tutto il mondo e, quindi, il principale fattore di emissioni di gas serra nel settore digitale (il cui consumo energetico globale cresce del 9% all’anno, secondo uno studio precedente ad opera del think tank francese The Shift Project).

app voucher internet smartphoneQuesto è il risultato chiave di un nuovo studio di The Shift Project, dal titolo “The Unsustainable Use of Online Video” (“L’insostenibile uso dei video online”), che quantifica l’impatto dei video online (Video on Demand, video su youtube, porno e “altri ” tra cui i social media) sull’ambiente, sulla base di dati provenienti da studi precedenti ad opera di Cisco e Sandvine, e delinea le opzioni per ridurre questo impatto. Dallo studio emergono alcuni dati interessanti:

  • 10 ore di video ad alta definizione hanno più dati di tutti gli articoli in inglese su Wikipedia in formato testo;
  • I video pornografici rappresentano il 27% di tutto il traffico di video online nel mondo. Presi da soli, nel 2018 hanno generato più di 80Mt di CO?, vale a dire quasi lo 0,2% delle emissioni globali;
  • Le emissioni di gas serra dei servizi VoD (video on demand), come Netflix e Amazon Prime, sono equivalenti a quelle di un paese come il Cile (più di 100Mt CO?eq/anno, ovvero quasi lo 0,3% delle emissioni globali).

Il rapporto sottolinea che l’attuale evoluzione del settore digitale e del peso dei video online non è coerente con l’accordo di Parigi e con l’obiettivo di ridurre le emissioni globali. Gli autori richiedono “sobrietà digitale“, così come un dibattito sociale sull’utilità di alcuni contenuti online, soprattutto considerando che il 27% del traffico video è porno, e tecnologie come 8K, “la cui necessità è discutibile”. Secondo The Shift Project, “i progetti che creano dipendenza (autoplay, embedded video, ecc.) sono incompatibili con la sobrietà digitale“, e “non basteranno né l’autoregolamentazione delle piattaforme di trasmissione né le decisioni volontarie degli utenti“, per cui è necessaria una vera e propria regolamentazione sia a livello nazionale che internazionale. Gli autori lo definiscono “un tema eccellente per l’UE” e affermano che tale regolamentazione dovrebbe essere basata su procedure precise a livello individuale e collettivo.

Lo Shift Project ha anche sviluppato degli strumenti per sensibilizzare e aiutare le persone ad adottare migliori abitudini digitali a livello individuale: un video esplicativo, che trovate in fondo all’articolo e dall’inequivocabile titolo (“Questo video è dannoso per i cambiamenti climatici”), una guida per migliorare le proprie abitudini e un’applicazione Firefox, Carbonalyser, che permette a chiunque di misurare l’impatto della propria navigazione su Internet in termini di emissioni di gas serra. “Come utenti di internet, sappiamo poco o niente del nostro impatto ambientale. Con il componente aggiuntivo del browser Carbonalyser, si può misurare questo impatto e valutare il peso del consumo di video. L’equivalenza tra le emissioni di CO? della navigazione in internet e del viaggio in auto è sconvolgente: si raggiunge 1km di viaggio dopo meno di 15 minuti di navigazione”, ha affermato Richard Hanna, sviluppatore di Carbonalyser.

smartphoneNel complesso, il settore digitale è attualmente responsabile del 4% delle emissioni globali, che è già pari a quello dell’aviazione civile. Se non si prenderanno provvedimenti al riguardo, le emissioni potrebbero raddoppiare a partire dal 2025 e raggiungere la stessa quota delle emissioni globali ad opera delle autovetture di oggi. “Anche se i nostri attuali modelli di consumo sono direttamente responsabili della nostra incapacità di ridurre le nostre emissioni di anidride carbonica, tendiamo ancora ad esitare davanti all’idea di cambiarli. Tuttavia, quando si tratta di utilizzi digitali, questo rapporto mostra che la maggior parte dei video che costituisce l’80% del traffico internet è consumata per intrattenimento o pubblicità: un risultato che, davanti all’emergenza climatica, dovrebbe convincerci che mettere in dubbio i nostri comportamenti digitali non è solo desiderabile, ma anche realizzabile”, ha dichiarato Hugues Ferreboeuf, Project Manager di The Shift Project.

La sobrietà dovrebbe essere applicata ovunque: i trasporti e i beni dei consumatori ma anche il consumo di internet, inclusi i video. Guardare meno video, ascoltare e interagire con altri umani è un modo per costruire il mondo reale di domani!”, sono le parole di Françoise Berthoud, ingegnere ricercatore del Centre National de la Recherche Scientifique e dell’Université de Grenoble.

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