Iran, tensione alle stelle nello Stretto di Hormuz: 23 marinai a bordo della Stena Impero, arriva nave da guerra del Regno Unito

Iran, aria di guerra nello Stretto di Hormuz dopo il sequestro della petroliera britannica Stena Impero
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Escalation di tensione nel Golfo, con l’Iran che lancia una nuova provocazione: i Guardiani della Rivoluzione hanno sequestrato due petroliere britanniche nelle acque dello Stretto di Hormuz: una, la Mesdar battente bandiera liberiana, e’ stata liberata poco dopo; ma la Stena Impero, che batte bandiera britannica, costruita nel 2018 e con una stazza di quasi 30 mila tonnellate, e’ ancora nelle mani dei Pasdaran. Il governo britannico si e’ detto “estremamente preoccupato” definendo “inaccettabile” il sequestro. A bordo della Stena Impero ci sono 23 marinai, ma nessun cittadino britannico. A Londra si e’ riunito il comitato di emergenza Cobra. “E’ essenziale che sia mantenuta liberta’ di navigazione e che tutte le navi possano muoversi in modo sicuro e libero nella regione”, ha detto il capo del Foreing Office, Jeremy Hunt. L’ambasciatore britannico a Teheran e’ in contatto con il ministero degli Esteri iraniano mentre la Gran Bretagna lavora a stretto contatto con gli alleati per la soluzione della crisi. Appena si e’ saputa la notizia del sequestro, il presidente americano, Donald Trump, ha parlato al telefono con il presidente francese, Emmanuel Macron. “Parlero’ anche con Londra, aspettiamo a vedere”, ha aggiunto insolitamente cauto, incontrando la stampa, fuori dalla Casa Bianca, in partenza per il New Jersey; ma il sequestro -ha aggiunto- conferma quello che “dico da sempre sull’Iran, ovvero che Teheran crea problemi”. Secondo fonti americane, il sequestro delle petroliere era pianificato. L’ultima segnalazione su Marine Traffic della Stena Impero era nel porto di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti, a circa 70 miglie nautiche dall’imbocco dello stretto di Hormuz. La petroliera era diretta verso l’Arabia Saudita quando improvvisamente ha lasciato le acque internazionali e all’altezza del Golfo di Hormuz e’ stata costretta a virare: ora appare diretta, secondo i tracciati radar, verso l’isola iraniana di Qeshm, dove i Guardiani della Rivoluzione hanno una base. Secondo l’armatore, Stena Bulk, e la nave e’ stata “avvicinata da piccole imbarcazioni non identificate e da un elicottero durante il transito nello stretto di Hormuz mentre si trovava in acque internazionali”. Secondo i Pasdaran, la nave ha violato “le norme e i regolamenti marittimi internazionali”. Del resto, da giorni nell’area la tensione cresce. L’azione dei Pasdaran sembra essere la reazione al sequestro, nelle scorse settimane, da parte della Marina reale britannica al largo di Gibilterra di una petroliera battente bandiera panamense, la Grace 1, sospettata di trasportare greggio iraniano verso la Siria, in violazione delle sanzioni europee a Damasco. Proprio oggi le autorita’ di Gibilterra hanno confermato il fermo fino al 15 agosto della nave cisterna che, per l’Iran, e’ un “atto di pirateria”. Teheran aveva preannunciato una reazione “al momento opportuno”.

La provocazione rischia di essere la miccia che innesca conseguenze imprevedibili. Lo stesso Trump giovedi’ aveva dato notizia dell’abbattimento di un drone che nel Golfo si era avvicinato troppo a una nave da guerra americana, la Boxer. Teheran ha pero’ smentito la perdita di un velivolo senza pilota e ha fatto circolare un video per mostrare che il drone era rientrato correttamente alla base. Le tensioni nell’area si susseguono da giorni: il 10 luglio alcune barche iraniane hanno tentato di sequestrare una petroliera britannica ma sono state bloccate da una fregata della Royal Navy che le scortava. La situazione e’ tale che adesso la Royal Navy ha deciso di inviare un’altra grande nave da guerra nel Golfo Persico, la terza. Appena giovedi’ una petroliera degli Emirati arabi, la Riah, era stata sequestrata dai Pasdaran con l’accusa di contrabbando di petrolio. Quanto sta accadendo solleva preoccupazioni sull liberta’ di traffico nello Stretto di Hormuz, uno stretto budello in cui transitano ogni giorno carichi da milioni di barili, pari grosso modo al 35% di tutto il greggio commerciato via mare ed al 20% del totale. Le tensioni nell’area, che costituisce la rotta dei traffici commerciali e delle esportazioni petrolifere mondiali, si accavallano a quelle tra Iran e Usa per l’accordo sul nucleare. Dopo che il presidente Usa, Donald Trump ha deciso di uscire dall’accordo siglato nel luglio 2015, l’Iran ha deciso di superare i limiti delle riserve di uranio arricchito imposti da quell’intesa. Gli Usa hanno imposto nuove sanzioni contro 12 tra entita’ e individui, con sede in Iran, Belgio e Cina, legati a una rete che acquistava “materiali sensibili” per il programma nucleare iraniano. La prospettiva di negoziati sembra lontana: nelle ultime ore, tramite il ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, principale sponsor dell’accordo di Vienna, l’Iran ha fatto sapere che Teheran accetterebbe “formalmente e permanentemente” ispezioni del suo programma nucleare in cambio dell’annullamento definitivo delle sanzioni americani. Per ora Trump ha detto di no, ma la prospettiva di una guerra sembra non piacergli. E chissa’ che non accetti l’invito di uno dei ‘falchi’ del regime, l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad: “Trump e’ un uomo d’azione, un uomo d’affari, in grado di calcolare costi benefici e prendere una decisione. Diciamogli ‘calcoliamo i costi/benefici a lungo termine per le nostre due nazioni e cerchiamo di avere uno sguardo non miope'”.

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