Da WWF e Societas Herpetologica Italica un appello a mettersi in regola e a non abbandonare animali in natura

Entro il 31 agosto privati cittadini e amministrazioni municipali dovranno denunciare il possesso di animali e piante nell’elenco delle specie invasive
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Tra meno di due mesi, il 31 agosto, scadrà (e questa volta sono improbabili altre proroghe) il termine utile per mettersi in regola per tutti coloro che allevano animali da compagnia inseriti nell’elenco delle specie esotiche invasive varato dall’Unione Europea che dovranno denunciarne il possesso ai sensi del Decreto legislativo 230 del 15.12.2017, n. 230, con il quale la normativa nazionale è stata adeguata al Regolamento UE n. 1143/2014.

Le specie di flora e di fauna elencate nel decreto sono una cinquantina. Tra queste, ad esempio, lo scoiattolo grigio nordamericano, diverse specie di gamberi, la rana toro e, soprattutto, la testuggine palustre americana Trachemys scripta, con le sue varie sottospecie (orecchie rosse e orecchie gialle) che hanno dominato per decenni il mercato degli animali da compagnia. Prima o poi comunque l’elenco diventerà presumibilmente assai più lungo con il varo dell’elenco nazionale delle specie invasive in corso di elaborazione da parte del Ministero dell’Ambiente“: con l’avvicinarsi della scadenza WWF e Societas Herpetologica Italica (SHI) ricordano a tutti i cittadini di “mettersi in regola, anche per evitare di incorrere nelle pesantissime sanzioni previste dalla legge:

  1. La mancata denuncia di possesso è punita con sanzioni tra 150 e 20.000 euro;
  2. Per la violazione dei divieti di introduzione, detenzione, trasporto, utilizzo/scambio/cessione e riproduzione si va da 1.000 a 50.000 euro, con aumenti sino al triplo se dalla violazione dovesse derivare la necessità di applicare misure di eradicazione rapida o di gestione o di ripristino degli ecosistemi danneggiati;
  3. Il reato più grave, il rilascio in ambiente, è punibile invece con arresto sino a tre anni e sanzioni tra 10.000 e 150.000 euro.

Per la denuncia è sufficiente compilare, eventualmente con l’aiuto del proprio veterinario, un modulo scaricabile on line e inviarlo al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. L’attestazione dell’invio, tramite PEC, fax o raccomandata postale, autorizza automaticamente il proprietario a continuare a detenere il proprio animale da compagnia.

I proprietari così autorizzati sono in ogni caso obbligati a una corretta detenzione con misure adeguate per impedire la fuga e la riproduzione degli animali.

In alternativa chi volesse rinunciare a tenersi le Trachemys, potrà affidarle, come recita il Decreto, a strutture pubbliche o private autorizzate, individuate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano (art. 27, comma 5, D.Lgs. n. 230/2017).

Qui sorgono però i problemi: nella gran parte delle regioni italiane di queste strutture non c’è al momento traccia per cui l’affidamento è una strada difficile da percorrere. I cittadini tuttavia si possono mettere in regola presentando comunque la denuncia di possesso e riservandosi di consegnare gli animali ai centri regionali non appena saranno attivati. Ed è questa la strada consigliata da WWF ed SHI: ci si mette in regola, non si fa danno all’ambiente e agli stessi animali da compagnia e si evita di rischiare sanzioni.

Discorso analogo per i Sindaci che hanno nei propri territori comunali laghetti e fontane nei quali sono presenti testuggini esotiche anche della specie oggi ritenuta invasiva. In molti casi questi animali sono il risultato della liberazione illegale fatta da ignoti che dopo aver acquistato le testuggini, non sapendo come gestirle, se ne sono sbarazzati. Il D.Lgs. n. 230/2017 prevede che l’obbligo di denuncia riguardi anche gli enti pubblici. I Comuni dovranno quindi procedere a un monitoraggio di tutti i laghetti e le aree umide in genere presenti sul proprio territorio per riscontrare l’eventuale presenza di testuggini e procedere anche loro a denunciarne la presenza compilando l’apposito modulo. 

Se viene verificata la non idoneità al confinamento o la riproduzione degli animali è inoltre prevista sempre la confisca degli animali a seguito della quale il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dispone il rinvio nel Paese di provenienza (nei rari casi in cui ciò sia davvero possibile) oppure, in alternativa, l’affido a strutture pubbliche o private autorizzate o persino la soppressione.

C’è dunque poco da scherzare. Procedure di gestione e sanzioni possano apparire in effetti complicate e molto rigide, ma va anche considerato che l’introduzione di specie alloctone (cioè non del luogo) costituisce una delle principali cause di distruzione della biodiversità oltre a rappresentare, in alcuni casi, un vero e proprio flagello non solo ambientale, ma anche economico (vedi il caso della nutria, del pesce siluro, ecc.).”

Ricapitolando

  • I privati cittadini così come i Comuni per mettersi in regola possono compilare e spedire il modulo (hanno tempo fino al 31 agosto 2019) e saranno tranquilli. Nel caso in cui vogliano affidare l’animale in possesso ai centri di detenzione regionali dovranno attenderne la realizzazione;
  • Le Regioni e le Province autonome sono chiamate a realizzare centri di detenzione o a convenzionarsi con strutture private.

SHI e WWF sollecitano “Regioni e Province autonome inadempienti ad adeguarsi a quanto previsto per la creazione e gestione di centri di detenzione, consultando il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e confrontandosi con le associazioni scientifiche e ambientaliste, e cercare così una soluzione, in proprio o attraverso una convenzione, per mettersi al passo con gli obblighi di legge. Del resto, anche in questo caso, vige la regola che una buona gestione della cosa pubblica si misura meglio con il rispetto delle norme e con l’aiuto concreto offerto ai cittadini e agli enti locali anche nelle piccole cose piuttosto che con progetti faraonici spesso devastanti.”

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