Ebola, più di 2600 casi in Congo: 1 su 3 è un bambino, “la malattia è inarrestabile”

Continua in Congo l'epidemia di Ebola che preoccupa sempre di più: solo oltre 2600 le persone colpite
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Nell’ultimo anno “ci sono stati più di 2.600 casi confermati di contagio da virus Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, tra cui più di 1.800 morti in alcune parti delle province di Ituri e Nord Kivu. Quasi 1 caso 3 riguarda un bambino. Ogni singolo ‘caso’ è qualcuno che ha vissuto un’esperienza inimmaginabile. Più di 770 persone sono sopravvissute. La malattia è inarrestabile e devastante”. Lo affermano, ad un anno dalla dichiarazione della nuova emergenza in Rdc, in una dichiarazione congiunta: Tedros Adhanom Ghebreyesus direttore generale Oms; Mark Lowcock, sottosegretario generale della Nazioni Unite (Onu) per gli affari umanitari e coordinatore per gli aiuti di Emergenza; Henrietta Fore, direttore generale Unicef e David Beasley, direttore generale World Food Programme (Wfp).

“Proprio due giorni fa, un nuovo caso della malattia è stato confermato a Goma, il paziente in seguito è morto – il secondo caso confermato lo scorso mese nella città in cui vivono circa 1 milione di persone – prosegue la dichiarazione – Quest’ultimo caso, in un centro abitato così denso, sottolinea il rischio reale di un’ulteriore trasmissione della malattia, forse oltre i confini del paese, e l’urgente necessità di una risposta globale rafforzata e di maggiori investimenti dei donatori”. “L’Ebola si trasmette da madre in figlio, da marito a moglie, da paziente a persona che se ne prende cura, dal cadavere di una vittima al parente in lutto. La malattia stravolge gli aspetti più ordinari della vita quotidiana – danneggiando le attività commerciali locali, impedendo ai bambini di andare a scuola e ostacolando i servizi sanitari vitali e di routine. Si tratta principalmente di una crisi sanitaria, ma che ha anche un impatto critico sul modo in cui le persone si prendono cura della propria famiglia, vedono i loro vicini e interagiscono con la loro comunità”.

La dichiarazione ricorda anche i numeri della lotta all’Ebola in Africa: oltre 170.000 persone sono state vaccinate; 1.300 persone trattate con terapie sperimentali in 14 centri di trattamento e di transito; sono state effettuate 77 milioni di visite a viaggiatori nazionali e internazionali; 20.000 persone che hanno avuto contatti sono state visitate ogni giorno per assicurarsi che non si ammalassero; 3.000 campioni sono stati analizzati in 8 laboratori ogni settimana; più di 10.000 punti per il lavaggio delle mani sono stati installati in luoghi critici; più di 2.000 operatori per la mobilitazione delle comunità che operano nelle aree colpite, hanno ascoltato le preoccupazioni, guadagnato fiducia e mobilitato l’azione a livello locale; a oltre 440.000 pazienti e persone che hanno avuto contatti è stata fornita assistenza alimentare, fondamentale per limitare i movimenti di persone che potrebbero diffondere la malattia; e sono stati forniti pasti giornalieri a 25.000 scolari delle zone colpite dall’Ebola per aiutare a costruire la fiducia nelle comunità.

“Le sfide per fermare un’ulteriore trasmissione sono davvero considerevoli – prosegue il documento – Ma nessuna è insormontabile. E non c’è una scusa per non portare a termine il lavoro. Le Nazioni Unite e i loro partner continuano ad aumentare la risposta a sostegno del governo e a rafforzare ulteriormente l’azione comune. Le Nazioni Unite stanno lavorando per assicurare un ambiente favorevole alla risposta per la Salute pubblica che la sua agenzia per la Salute sostiene, compresa un’adeguata sicurezza, logistica, impegno politico e comunitario e azioni per affrontare le preoccupazioni delle comunità colpite. Apprezziamo la recente decisione del governo di adottare misure per garantire che i suoi sforzi siano maggiormente congiunti”.

Apprezziamo anche gli eroici sforzi degli operatori sanitari in prima linea, per lo più congolesi, delle persone delle comunità colpite e dei partner – continua la dichiarazione – Nonostante l’incessante lavoro, la malattia continua a diffondersi. Questa epidemia si sta verificando in una zona di conflitto attivo che rende molto più complicata una risposta efficace a causa dell’insicurezza, compresi gli attacchi armati agli operatori e alle strutture sanitarie e lo sfollamento della popolazione. In alcune delle zone colpite, la violenza ci impedisce di raggiungere le comunità e di lavorare con loro per fermare un’ulteriore trasmissione”. “Chiediamo a tutte le parti coinvolte nelle violenze di garantire che i soccorritori possano svolgere il loro lavoro in sicurezza e che coloro che cercano assistenza possano accedervi senza timore di attacchi. Siamo orgogliosi del lavoro che noi e i nostri partner abbiamo svolto finora, collaborando con le comunità a sostegno della risposta guidata dal governo per proteggere le persone a rischio e per l’assistenza alle persone colpite” , rimarca la lettera.

Infine, Tedros Adhanom Ghebreyesus, Mark Lowcock, Henrietta Fore e David Beasley chiedono “di costruire su questi risultati, ma per farlo abbiamo urgentemente bisogno di un sostegno molto più forte da parte della comunità internazionale. Il governo ha bisogno di più sostegno che mai. La risposta sanitaria pubblica a un’epidemia di Ebola richiede un livello eccezionale di investimenti; il 100% dei casi deve essere trattato e il 100% delle persone che hanno avuto dei contatti deve essere rintracciato e gestito”. “Abbiamo bisogno – concludono – di trasporti aerei per portare i soccorritori e le attrezzature fondamentali in alcune delle aree più remote e di magazzini per conservare in sicurezza le preziose forniture sanitarie, compresi i vaccini. Continueremo ad accelerare la nostra risposta e chiediamo ai partner vecchi e nuovi di fare lo stesso”.

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