Incendi Amazzonia, al via le operazioni dell’Esercito: 44mila soldati in azione

Al via le operazioni dell'Esercito brasiliano in Amazzonia nella lotta contro gli incendi. Sul campo ci saranno 44.000 soldati a cui saranno affiancati aerei militari
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Al via le operazioni dell’Esercito brasiliano in Amazzonia nella lotta contro gli incendi. Sul campo ci saranno 44.000 soldati a cui saranno affiancati aerei militari. Lo hanno reso noto i ministri della Difesa e dell’Ambiente illustrando i piani per contrastare i roghi.

“La comunità internazionale sostenga il Brasile con delle risorse per preservarla”

“Se vogliamo proteggere queste foreste, l’Amazzonia in Brasile ma anche quelle del Borneo, della Siberia o del Congo che rappresentano un bene di tutta l’umanità e il polmone verde del nostro Pianeta, la comunità internazionale deve essere pronta a compensare con risorse e iniziative a sostegno dello sviluppo di questi Paesi”. A sostenerlo all’Adnkronos è l’ex ministro dell’Ambiente, Corrado Clini in merito agli incendi in Amazzonia.

incendi amazzonia
Reuters

Queste foreste, che rappresentano “un patrimonio per l’umanità vanno salvaguardate tenendo conto che i paesi nelle quali si trovano non possono essere lasciati da soli“, aggiunge Clini ricordando che l’Amazzonia “è una delle fonti più importanti per l’assorbimento del carbonio atmosferico e contribuisce ad evitare una crescita troppo rapida della temperatura media del pianeta”.

Questi incendi, che vanno ricollegati al processo di deforestazione in corso in Brasile legati alla politica in appoggio agli agricoltori e agli allevatori del presidente Jair Bolsonaro, “hanno ripercussioni importanti a livello climatico perché riguardano l’equilibrio ambientale di tutto il pianeta“. La comunità internazionale, aggiunge l’ex ministro dell’Ambiente, “deve fare delle scelte in modo che queste foreste vengano conservate senza che questo provochi un danno economico ai paesi che ospitano queste foreste. Finora, purtroppo, la solidarietà internazionale è stata molto scarsa da quel punto di vista”.

Le risorse stanziate a livello internazionale dal fondo per la protezione ambientale “sono solo noccioline” : “serve un sforzo in più. Servono iniziative concrete che favoriscano lo sviluppo di questi paesi che possono crescere economicamente senza dover intaccare il loro patrimonio forestale”. 

Il tema, aggiunge Clini, “è particolarmente drammatico. Quello che sta avvenendo a livello climatico è molto preoccupante. Tra il 1990 e il 2019 le emissioni globali di CO2, rileva l’ex ministro dell’Ambiente, sono aumentate di circa il 70%, la concentrazione in atmosfera di CO2 che ha superato abbondantemente la soglia critica delle 400 parti per milione (412) con un aumento di quasi il 20%, mentre la temperatura media del pianeta è cresciuta di circa un grado, il doppio rispetto ai primi 90 anni del 1900. Secondo l’Agenzia Usa per l’Atmosfera e gli Oceani (Nooa), questi dati, sottolinea Clini, segnalano un trend di crescita della temperatura media del pianeta tra 3° e 4°C entro la fine del secolo. Basta pensare, osserva Clini, “che l’ultima volta che si erano toccati livelli comparabili era circa 3 milioni di anni fa, quando i livelli marini erano più elevati di 25 metri. Continuando con questo trend supereremo i due gradi e questo rischia di avere degli effetti drammatici con l’intensificazione di eventi climatici estremi come già purtroppo stiamo osservando”. Secondo l’Istituto nazionale brasiliano di ricerca spaziale (Inpe), da gennaio al 21 agosto, sono stati registrati nel Paese 75.336 incendi, cioè l’84% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, oltre il 52% dei quali interessano l’Amazzonia e lo stato di Rondonia. “Sono dati molto allarmanti. Oltre alle denunce e alle preoccupazioni, sarebbe ora che la Comunità internazionale si muovesse rapidamente con strumenti economici efficaci in modo che la conservazione delle foreste non diventi un vincolo alla crescita del Paese che le ospita”.

Insomma per l’ex ministro dell’Ambiente “bisogna passare dalla parole ai fatti. Il presidente francese Emmanuel Macron fa bene ad interessare il G7 a questo tema ma se ne deve occupare anche il G20. Non bisogna mettere sul banco degli imputati Bolsonaro ma bisogna che Stati Uniti, Ue e Cina promuovano una solidarietà internazionale mettendo insieme delle risorse per fermare la deforestazione e favorire lo sviluppo in quei paesi”.

Il blocco all’accordo Ue-Mercosur, come suggerito dallo stesso Macron, “è sicuramente un’iniziativa che serve a forzare la mano al Brasile ma rischia di avere un effetto contrario. Se viene stretto il cappio al collo del Brasile è molto probabile che continuerà la deforestazione che permette lo sviluppo degli allevamenti a scapito dell’Amazzonia. Basta pensare che il Brasile ormai è il primo produttore di carne al mondo”.

Insomma, ribadisce Clini, “dobbiamo essere in grado di creare un meccanismo che permette la crescita e lo sviluppo economico in quei paesi in modo da ridurre drasticamente l’uso delle foreste. Dal 1950 nel Borneo indonesia è stato abbattuto il 70% della sua foresta“. Il tema ambientale, aggiunge, “va affrontato insieme ai temi economici e sociali. Non si può affrontare con le sanzioni. Il modo migliore per convincere Bolsonaro non sono le sanzioni ma un programma coordinato e congiunto in cui il presidente del Brasile possa avere una parte”.

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