Acqua: un’emergenza ambientale o un bene prezioso?

"C'è un assoluto bisogno di parlare di acqua, di questo bene tanto prezioso, quanto a volte trascurato e dato per scontato"
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L’acqua, il nostro “oro blu”, rappresenta ormai un bene tanto prezioso quanto dato per scontato. Sebbene ricopra i due terzi della superficie terrestre, solo una piccola parte (0,008%) è utilizzabile per fini alimentari o agricoli. La mancanza di acqua potabile e dei conseguenti servizi igienico-sanitari, un problema rispettivamente per il 29% e il 55% della popolazione mondiale, causa molti decessi, con situazioni sempre più drammatiche nell’area sub sahariana, in Medio Oriente e nei Paesi Arabi. In Europa la situazione è sicuramente meno grave, ma danni all’economia legati alla scarsità di acqua si sono registrati sempre più di frequente negli ultimi anni. La situazione ambientale, con le conseguenze dovute ai cambiamenti climatici, non aiuta questo già fragile equilibrio, esasperando situazioni già critiche nei Paesi più poveri e in difficoltà. Per garantire la qualità e la disponibilità dell’acqua è necessario unire i contributi della natura, della scienza e dell’innovazione: questo l’obiettivo del workshopWater Day 2019”, svoltosi oggi presso l’Università degli Studi di Milano, che ha riunito rappresentanti delle Istituzioni, del mondo della ricerca scientifica, degli utilizzatori, dei produttori e delle aziende, per discutere insieme dei problemi storici e di quelli emergenti, delle opportunità e delle possibili soluzioni per la salvaguardia e l’uso intelligente e consapevole di questo bene prezioso.

“C’è un assoluto bisogno di parlare di acqua, di questo bene tanto prezioso, quanto a volte trascurato e dato per scontato, principalmente per due motivi: perché bisogna fare uno sforzo comune – tra Istituzioni, politica, ricerca scientifica del mondo accademico e non, servizi idrici e aziende – per preservare questa risorsa e aumentarne la sua qualità e perché è importante informare su questo bene, perché solo la conoscenza permette di essere efficaci nelle scelte quotidiane verso un uso sempre più consapevole e sostenibile di questa risorsa”, esordisce Luigi Falciola del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Milano e Responsabile Qualità dell’Acqua della Società Italiana di Medicina Ambientale.

L’acqua è uno dei beni più preziosi per l’intero ecosistema mondiale. – dichiara Martina Cambiaghi, Assessore allo Sport e Giovani di Regione Lombardia – Grazie all’acqua si forma la vita e con essa si fondano anche le giovani generazioni di domani. Proprio per loro e per preservare quello che oggi viene definito ‘l’oro blu’, serve una nuova consapevolezza per garantire ai nostri figli e nipoti un futuro migliore”.

Non è solo la mancanza di acqua a preoccupare ma anche la sua cattiva o bassa qualità. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, più di 200 milioni di bambini muoiono a seguito del consumo di risorse idriche non potabili e per le cattive condizioni sanitarie che ne derivano, con oltre l’80% delle malattie nel sud del mondo – tifo, colera, gastroenteriti, epatite, lebbra, malaria – causate proprio dalla cattiva qualità dell’acqua.

Il problema della qualità è di stringente attualità anche nel nostro Paese, dove si registrano continui allarmi e blocchi dell’erogazione dell’acqua potabile a causa dell’inquinamento delle fonti e delle falde, sia di origine naturale che antropica.

Oltre agli inquinanti convenzionali – arsenico, cromo e altri metalli pesanti, interferenti endocrini, pesticidi, residui di farmaci e prodotti per l’igiene personale, microorganismi patogeni – si stanno aggiungendo i contaminanti emergenti – sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), nanomateriali, microplastiche – che rendono il lavoro di chi si occupa di acqua, sempre più complesso.

Fondamentale per la nostra salute è la qualità dell’acqua che beviamo. L’acqua infatti è un alimento liquido. Se in bottiglia, è da preferire la confezione in vetro, se del rubinetto, quella italiana – per l’85% di derivazione sotterranea – preoccupa per i livelli di inquinamento delle sorgenti e delle falde, fermo restando che i primi strumenti diagnostici restano i nostri sensi: guarda, gusta e annusa l’acqua che utilizzi. Riguardo alle bibite, invece, non sarebbe male che sulle etichette venisse segnalato anche il tipo di acqua utilizzato e, se le si accompagna con ghiaccio, sarebbe preferibile acquistare quello confezionato prodotto industrialmente”, sostiene Alessandro Miani, Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale.

Solo un continuo investimento nella ricerca per trovare soluzioni, sia nell’ambito del controllo qualità, sia nella ricerca di metodologie efficienti e a basso costo che permettano la purificazione e sanificazione della risorsa idrica inquinata, potrà portare a risultati positivi. In tale contesto, la stretta collaborazione tra tutti i protagonisti del “Mondo Acqua” – Istituzioni, politici, ricercatori e mondo accademico, servizi idrici, società di controllo, aziende – è fondamentale, affinché si possa insieme ideare strategie comuni e condivise per tentare di risolvere le problematiche complesse che l’”oro blu” porta con sé.

Ciò consentirà anche di ridurre le disuguaglianze nell’ambito della qualità dell’acqua, rafforzando i controlli della sua sanificazione e della sua distribuzione, come previsto dalla Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, che prevede che “nessuno sia lasciato indietro”, anche in questo ambito così strategico è vitale.

“La salute delle acque con la tutela delle naturalità, della biodiversità, della stabilità degli ecosistemi e della resilienza è intimamente connessa alla tutela della salute umana, in piena coerenza con l’approccio ‘One Health’ e con il concetto olistico di salute. Per tale motivo il ‘Water Day’, celebrato presso l’Università degli Studi di Milano, ci aiuta a comprendere che dobbiamo crescere nella conoscenza e nella consapevolezza che tutti i cittadini, con le loro scelte quotidiane, possono contribuire alla prevenzione, alla cultura della salute e alla crescita sana delle future generazioni”, dichiara Vito Felice Uricchio del CNR IRSA.

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