Dispenser con disinfettanti per le mani alle fermate della metro, nelle stazioni dei treni, negli aeroporti e negli spazi pubblici più affollati per garantire il massimo livello d’igiene e contrastare anche la possibile diffusione del coronavirus.
E’ il piano speciale – a quanto apprende l’Adnkronos Salute – a cui sta lavorando da giorni la task force, guidata dal ministero della Salute e istituita il 22 gennaio scorso per gestire l’emergenza coronavirus. Un piano che dovrebbe realizzarsi con un fronte comune tra aziende del settore, in particolare Confindustria dispositivi medici e il Governo, rappresentato dal ministro della Salute Roberto Speranza. Ma soprattutto la possibilità di velocizzare la fase di appalto gestendo la procedura in modo emergenziale.
Proprio Confindustria dispositivi medici ha lanciato di recente un appello per “fare fronte comune contro il coronavirus, mettendo in compartecipazione capacità produttiva per realizzare i dispositivi medici indispensabili per contrastare il contagio da coronavirus“. Fra questi anche le mascherine.
L’associazione ha inviato una comunicazione a tutte le imprese associate, chiedendo di “segnalare la disponibilità a mettere la propria capacità produttiva a disposizione delle imprese in difficoltà per mancanza di materie prime e semilavorati – rimarca il presidente – Si potrà così far fronte alla crescente richiesta di mascherine, tute, guanti e altri dispositivi medici specifici per contribuire all’arresto dell’emergenza sanitaria globale e garantire la continuità nell’approvvigionamento del nostro Sistema sanitario nazionale”.
Epidemia soffocata da misure eccezionali
L’epidemia del nuovo coronavirus sta venendo letteralmente “soffocata dalle misure eccezionali che la Cina ha deciso di adottare”, ma anche se “il rallentamento è sicuro non bisogna abbassare la guardia“: è l’analisi del fisico esperto di sistemi complessi Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston Vespignani, che sta studiando la diffusione del virus SarsCoV2 fin dall’esordio. “C’è una forte evidenza – ha aggiunto – che l’epidemia sia rallentata per le misure straordinarie”.
“In Cina medici martiri, voglio andarci a Giugno”
“Non posso dire se in Cina ci sono stati ritardi e in che misura” nel dare l’allarme sul nuovo coronavirus, “non ho gli elementi per esprimere un giudizio. Voglio dire però che è bene ricordare che ci sono dei colleghi cinesi che sono morti per affrontare questo problema e che sono dei veri martiri”. Ne è convinto l’immunologo Alberto Mantovani, che si dice anche “ottimista di poter tornare in Cina a giugno”. “Come Ebola non mi ha fermato in Africa – spiega oggi a Milano a margine della presentazione del progetto ‘Pink Union’ per la salute delle donne, lanciato dalla Fondazione Humanitas per la ricerca – conto che il coronavirus non mi fermi dal tornare in Cina e dimostrare anche così personalmente la mia vicinanza ai colleghi e amici cinesi”.
“Io penso che si stia facendo davvero tutto il possibile e credo che davanti al rischio non dovremmo dimenticare quello che è successo in passato. Dunque il messaggio è siate preparati, succederà ancora”, ribadisce. Quanto alla notizia di un’email datata 2 gennaio dalla quale sarebbe partito l’ordine ai medici di tacere sul virus, Mantovani dice: “Ho contatti con colleghi cinesi e non ho questo tipo di informazione. Non posso dire se ci sia stato” un episodio simile, “o se ci sono stati ritardi”, ribadisce lo scienziato che tiene però a sottolineare il sacrificio dei camici bianchi in prima linea contro il virus.
“Ci siamo dimenticati – e mi spiace – di chi ha affrontato Ebola, del dottor Khan che ha pubblicato il lavoro su ‘Science’ da morto sull’identificazione del virus e sapeva quello che rischiava”, elenca Mantovani riferendosi alla storia del virologo della Sierra Leone morto a 39 anni nel 2014.
“Ci siamo dimenticati di Carlo Urbani”, medico italiano dell’Oms morto di Sars nel 2003, dopo essere stato il primo a dare l’allarme sul focolaio originario di casi. “Nessuno lo cita più e invece dovremmo essere fieri. Dovremmo essere grati a queste persone”. Per quanto riguarda la Cina, “dal punto di vista scientifico i colleghi cinesi già a gennaio avevano identificato il virus, avevano identificato il recettore, hanno riportato i casi, la natura della malattia”, puntualizza l’esperto. “Non dimentichiamo che si sono trovati in una situazione di grande, grande emergenza”. Mantovani sarebbe atteso per giugno nel gigante asiatico: dovrebbe infatti intervenire “a un convegno di immunologia a Shanghai e ho detto ai colleghi cinesi che ci vado – racconta – Se non mi impediscono di volare, io ci vado”.
Ricercatore da Wuhan: il virus ‘influenza le nostre vite’
L’epidemia di coronavirus ha cambiato la vita dei cittadini di Wuhan, anche se “la situazione sta gradualmente migliorando”: lo ha detto all’ANSA il ricercatore Hongyu Zhang, della Huazhong Agricultural University, che vive e lavora nella città epicentro dell’epidemia e collabora con l’università Federico II di Napoli a una ricerca sulla mosca della frutta. Il coronavirus “ha un grande impatto sulle nostre vite, sullo studio e sul lavoro perché la maggioranza delle persone resta a casa per evitare che il virus si diffonda”.
“L’epidemia di coronavirus non è stata ancora completamente eliminata, ma la situazione va gradualmente migliorando”, ha aggiunto il ricercatore. Fortunatamente per un ricercatore come lui non e’ un problema lavorare da casa: “come scienziato e docente posso tenere corsi online, cercando di non uscire il piu’ possibile”, ha detto ancora Hongyu Zhang.Coro