“Il Coronavirus trova nei soggetti maturi fumatori un terreno piu’ fertile che, con piu’ probabilita’, fa evolvere un apparente modesto stato influenzale in una polmonite difficile da controllare farmacologicamente“: lo ha dichiarato il professor Giacomo Mangiaracina, medico specialista in salute pubblica, della Societa’ Italiana di Tabaccologia (SITAB) e presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione. “I danni al polmone sono strutturali e funzionali. Nei primi si ha la degenerazione carcinomatosa e la lacerazione delle delicate pareti alveolari fino alla creazione di veri e propri buchi dove l’aria rimane imprigionata, una condizione che puo’ evolvere verso l’enfisema“. Nel danno funzionale da fumo, prosegue Mangiaracina, prevale “il ristagno di muco catarroso e lo spasmo delle delicate vie respiratorie, prima causa della malattia polmonare cronica ostruttiva (BPCO), che riduce il respiro e puo’ evolvere verso l’insufficienza respiratoria. Ed e’ proprio questo aspetto che rende il polmone molto piu’ vulnerabile dall’attacco di agenti patogeni“. La bronchite cronica, è “il riscontro piu’ frequente. Ma e’ il ristagno di muco a trasformarsi in un vero e proprio terreno di coltura per batteri e virus, che possono esitare in broncopolmoniti acute“. I dati della ricerca parlano chiaro: “Non c’e’ ambito scientifico piu’ studiato dei danni causati dal fumo all’organismo umano. Si tratta di un danno multidimensionale che coinvolge ogni organo e apparato, ma in misura maggiore ne fanno le spese i polmoni e le vie respiratorie. Con buona approssimazione si calcola che, fumando 20 sigarette al giorno, in un anno si accumulerebbero nel polmone qualcosa come un etto di condensato, cioe’ di catrame. Non si accumula per il fatto che il polmone mette in atto una serie di difese per smaltirlo, come il muco e le ciglia, che agiscono come un nastro trasportatore. Con il catarro percio’ si espelle una buona parte di catrame ma alla fine il danno prevale in forme diverse”.