“Non pensiamo a un’Italia divisa in due. Molto probabilmente l’epidemia arriverà anche a Roma e nelle regioni del Sud, il rischio è oggettivamente molto alto. Però non bisogna aspettare questo momento con terrore. Anche se arriverà un po’ dappertutto, è un’infezione nella maggior parte delle volte banale“: lo ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera Massimo Andreoni, direttore scientifico della società italiana di malattie infettive e tropicali Simit, professore all’università di Tor Vergata. “Potenzialmente potrebbe contagiare tutti. Però non spaventiamoci. Otto volte su dieci si tratta di una malattia banale, i casi gravi sono pochi e il nostro sistema sanitario ha una rete infettivologica di altissimo livello“. “È in tutto e per tutto un virus respiratorio che passa da un individuo all’altro trasportato dalle goccioline emesse con tosse e starnuti. Si introduce nell’organismo utilizzando tre vie, bocca, naso e in misura minore occhi. Il contagio diretto attraverso le mani può avvenire solo se stringiamo la mano di una persona malata che ha appena starnutito e portiamo le mani al viso. È una sciocchezza che il virus sopravviva a lungo al di fuori delle cellule umane e resti aggressivo depositandosi sulle superfici. Quando è nell’ambiente perde la sua carica infettiva e diventa praticamente innocuo. Insomma se si trova su un oggetto, ad esempio una maniglia contaminata due giorni prima dalle goccioline, non è pericoloso. Eppoi spieghiamo che per essere contagiati il contatto con il malato deve essere ravvicinato e rapido, circa a un metro e mezzo di distanza, e non è detto che un contatto stretto equivalga all’aver preso il coronavirus. Se poi siamo all’aperto e vediamo un passante che tossisce non facciamoci prendere dal panico. È davvero difficile che le goccioline arrivino fino a noi. Dobbiamo dirlo chiaramente. Tanti comportamenti cui stiamo assistendo in questi giorni sono immotivati“.
L’aumento improvviso dei casi, spiega Andreoni, “può essere dovuta a diverse cause. La prima è appunto la strategia di sottoporre al prelievo con tampone faringeo tutti i contatti delle persone malate. Questo ha permesso di individuare persone che non sarebbero mai state diagnosticate come positive. Noi abbiamo cercato, gli altri no. Se ci si fosse limitati al controllo dei pazienti con i sintomi il numero delle infezioni sarebbe stato ridotto. Però ricordiamo che solo la metà delle persone sono state ospedalizzate, le altre sono in quarantena domiciliare, in osservazione, dunque in salute“. Non è escluso “che all’origine dei focolai italiani possano esserci quelli che noi chiamiamo super trasmettitori. Solitamente il fattore di moltiplicazione di questo nuovo coronavirus è pari a 2.6, vale a dire ogni malato lo trasmette a circa due persone e mezzo. I super trasmettitori sono capaci di diffondere l’infezione a decine di soggetti perché eliminano il virus in alte quantità. Sospetto che nel Lodigiano sia accaduto un fenomeno del genere. Sono inoltre d’accordo col collega infettivologo Massimo Galli e con l’intervista pubblicata dal Corriere della Sera: l’ospedale ha fatto da cassa di risonanza“.