Astronomia, storia di un’indagine galattica: il Sagittario, la morte in diretta e il cannibalismo della Via Lattea

La scena del crimine è la nostra galassia, e il compito dei ricercatori era identificare quali fra i reperti rinvenuti sul luogo del delitto appartenessero al “cadavere", ovvero alla galassia nana del Sagittario
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La Via Lattea colpevole del più abominevole fra i delitti: il cannibalismo. Ha divorato una sua simile, un’altra galassia, la galassia nana del Sagittario.
Il fiero pasto è ancora in corso, da miliardi di anni.

Se il colpevole è certo, sul cadavere c’è invece qualche tessera che ancora deve andare al posto giusto. O meglio, qualche reperto di dubbia provenienza rinvenuto sulla scena del delitto. Un lavoro da scientifica insomma, spiega Marco Malaspina su Media INAF. Il metodo è simile alla bloodstain pattern analysis, quello studio delle tracce ematiche nel quale ogni fan di Csi è ormai esperto quanto uno scienziato forense. Solo che qui al posto del sangue ci sono le stelle. Più in dettaglio: al posto delle tracce ematiche ci sono le cosiddette code mareali; al posto del luminol si usano, come traccianti, particolari stelle dette RR Lyrae; e al posto delle macchie ci sono gli ammassi globulari.

Qual è dunque il compito del detective-astronomo in questa storia cruenta? È presto detto: seguire le tracce ematiche e identificare quali macchie di sangue appartengono al morto. Fuor di metafora: quali fra gli ammassi globulari che si trovano nell’alone galattico sono associati alle code mareali della galassia nana del Sagittario, e quindi le sono stati strappati dalla Via Lattea?

Gli investigatori sono sei, un team affiatato e collaudato, con a capo Michele Bellazzini dell’Inaf di Bologna e una lunga esperienza di delitti galattici alle spalle. Gli ammassi globulari, invece, sono undici. Alcuni hanno per nome solo una sigla, come M54 o Ngc 2419. Altri invece sono più evocativi, come Terzan 7 o Palomar 12. E tutti sono registrati nella banca dati di Gaia, il satellite dell’Esa per l’astrometria: un enorme casellario che raccoglie per ogni stella osservata – e parliamo di oltre un miliardo di soggetti – l’equivalente astronomico di fotosegnaletiche, dna, modus operandi e impronte digitali. Sei numeri per ciascuna stella: tre componenti che ne indicano la posizione e tre componenti che ne descrivono il moto.

Sagittario
Gli undici ammassi globulari presi in esame nello studio. Quelli risultati appartenere alla galassia nana del Sagittario sono M54, Ter7, Arp2, Ter8, Pal12 e Whiting 1. Sono candidati promettenti Ngc2419, Ngc 5634 e Ngc 4147. Improbabili, invece, Pal2 e Ngc6284. Crediti: M. Bellazzini et al., A&A, 2020

Grazie a questi dati, il team guidato da Bellazzini è stato in grado di tracciare sia le due code mareali della galassia nana del Sagittario sia gli ammassi globulari in sei dimensioni (i sei parametri), arrivando così a stabilire quali ammassi globulari facciano effettivamente parte delle code mareali. Quali “macchie di sangue” appartenessero al Sagittario e quali no, dunque. Degli undici reperti, sei sono risultati appartenenti alla galassia nana, tre sono buoni candidati e due, invece, hanno probabilmente un’altra origine. Fondamentale per la buona riuscita dell’indagine è stato il ricorso alle RR Lyrae: stelle che, grazie a una peculiare relazione fra il loro periodo di pulsazione e la loro luminosità assoluta, possono essere usate come “candele standard” per misurare distanze galattiche. Una sorta di traccianti, appunto, o se volete di “confidenti”, che dall’interno sussurrano agli astronomi quanto le code mareali o gli ammassi che le ospitano siano distanti.

«Siamo riusciti a confermare l’appartenenza al sistema di due ammassi stellari che si trovano in porzioni dello stream – le code mareali, appunto – che sono state strappate dalla galassia di recente (negli ultimi uno o due periodi orbitali) e a identificare ottimi candidati in porzioni dello stream più antiche, per i quali saranno necessarie ulteriori informazioni per confermare l’appartenenza al Sagittario», dice a Media Inaf Bellazzini, sottolineando che l’indagine è ancora in corso. «Un passo importante nella ricostruzione della storia di assemblaggio dell’alone galattico e del sistema di ammassi globulari della Via Lattea».

Per saperne di più:

  • Leggi il preprint dell’articolo in uscita su Astronomy & Astrophysics “Globular Clusters in the Sagittarius stream. Revising members and candidates with Gaia DR2”, di Michele Bellazzini, Rodrigo Ibata, Khyati Malhan, Nicolas Martin, Benoit Famaey e Guillaume Thomas
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