Coronavirus: 5 scialpinisti italiani bloccati in Tagikistan

In mezzo alle montagne selvagge dove s'incontrano le grandi catene di Hindukush e Pamir ci sono cinque scialpinisti italiani bloccati
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In mezzo alle montagne selvagge dove s’incontrano le grandi catene di Hindukush e Pamir ci sono cinque scialpinisti italiani bloccati. Tutta colpa del coronavirus che ha portato le autorita’ del Tagikistan a chiudere tutti i suoi confini. Si tratta di tre uomini e due donne. Il gruppo si era inizialmente recato nel nord dell’Afghanistan per andare ad insegnare lo sci alpinismo a cinque ragazzi del luogo. Adesso il gruppo dei cinque veronesi e’ fermo in Tagikistan.

L’ex Repubblica Sovietica a seguito della pandemia ha chiuso le frontiere con tutte le Nazioni. Non ci si puo’ muovere e i collegamenti, gia’ molto difficili e avventurosi nella normalita’, non ci sono. Ora i cinque istruttori di sci alpinismo della scuola ‘Renzo Giuliani’ della sezione Cai ‘Cesare Battisti’ di Verona, nell’ambito del Wakhan Project, stanno attendendo disposizioni.

Ieri hanno concluso due settimane in isolamento per quarantena al General Hospital di Chorug, primo avamposto in territorio tagiko dopo il confine con l’Afghanistan. Per sbloccare la situazione e’ al lavoro l’Unita’ di Crisi della Farnesina che sta operando con l’Ambasciata italiana competente, quella di Tashkent in Uzbekistan.

I cinque italiani bloccati sono Andrea Micheli, Giuliana Steccanella, Annapaola Perazzolo, Giorgio Bonafini e Fabio Bullo. Raggiunti telefonicamente dall’AGI in Tagikistan, i componenti della spedizione hanno raccontato: “Noi stiamo relativamente bene, in un Paese al momento sicuro, in ospedale ci hanno trattato bene, le persone del luogo sono meravigliose e ospitali, attualmente siamo alloggiati in una lodge per turisti, spartana ma confortevole, viviamo la montagne e per questo ci adattiamo. Il nostro allarme, pero’, e’ legato ad una situazione che potrebbe complicarsi anche perche’ abbiamo visto come si e’ svolta la nostra quarantena senza particolari precauzioni. Se qui malauguratamente dovesse arrivare il coronavirus non ci sarebbero tutele e quindi fortemente a rischio”.

Quando il 21 febbraio “siamo partiti in Italia la situazione era assolutamente tranquilla e nessuno avrebbe pensato che la situazione precipitasse in questo modo. Siamo al secondo anno di questo nostro progetto umanitario di sviluppo dell’economia turistica invernale nel Wakhan, corridoio dell’Afghanistan tra Pakistan e Tagikistan risparmiata dalla guerra. Nell’ambito di questo progetto che durera’ tre anni (sono al secondo) stiamo formando cinque ragazzi localita’ in modo che possano diventare guide”. Nella zona in cui sono bloccati, “la popolazione e’ povera. Dopo essere rimasti in quota a circa 3.200 metri in mezzo a cime alte oltre 7.000 metri, al momento di rientrare in Tagikistan abbiamo capito che il mondo era cambiato e soprattutto che il governo tagiko non consentivano l’ingresso prima agli italiani e poi a tutti. Grazie all’intervento dell’Ambasciata italiana in Uzbekistan siamo riusciti ad entrare in Tagikistan ma siamo rimasti due settimane in quarantena. Attualmente siamo a 12 ore di viaggio dalla capitale Dushanbe dove l’aeroporto internazionale e’ chiuso. Al momento non c’e’ modo per entrare e uscire, non ci sono spiragli di soluzioni, speriamo di avere novita'”.

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