Coronavirus, finita l’odissea per gli italiani bloccati in India: “Mi sembra un sogno, trattati come appestati”

"Mi pare un sogno: dovrò stare in quarantena per altri 14 giorni e non potrò immediatamente riabbracciare i miei quattro nipotini, ma questo capitolo è chiuso"
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Un viaggio in India iniziato il 28 febbraio si è trasformato in un’odissea per un gruppo di 11 turisti italiani. Risultati positivi al coronavirus, sono stati curati in un ospedale privato di New Delhi. Tra di loro c’era anche Andrea Carli, il medico di Codogno morto il 19 marzo a Jaipur. Ora l’incubo è finito e il gruppo sta facendo ritorno alle proprie case.

Sono in auto, in viaggio verso Lodi, la mia città”, dice all’Ansa Stefano Taravella, atterrato da poco a Malpensa dopo essere arrivato questa mattina a Fiumicino, assieme agli altri del gruppo, grazie al volo speciale di recupero organizzato dall’Alitalia con il sostegno dell’Ambasciata Italiana a Delhi. “Mi pare un sogno: dovrò stare in quarantena per altri 14 giorni e non potrò immediatamente riabbracciare i miei quattro nipotini, ma questo capitolo è chiuso. Gli ultimi giorni sono stati un continuo alternarsi di speranze e delusioni: dopo essere risultati negativi al test per due volte, siamo stati dimessi e trasferiti in un hotel di lusso, al centro di Delhi: ma, a essere sinceri, nell’hotel venivamo trattati come appestati. Per il blocco totale dei voli, sia internazionali che domestici, proclamato dall’India, non avevamo la più pallida idea di quando sarebbe stato possibile il rientro: per fortuna, meno di 36 ore fa abbiamo avuto la notizia del volo speciale di recupero organizzato da Alitalia, frutto degli sforzi dell’Ambasciata italiana a Delhi per gli italiani bloccati In India“, ha aggiunto.

Altri tre turisti del gruppo, gli ultimi, sono tuttora ricoverati al Medanta, l’ospedale privato di Delhi, perché non ancora guariti completamente.

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