Un vigile del fuoco di servizio nella caserma di Cosenza ha contratto il coronavirus. Era assente dal lavoro dal 13 marzo. “Appena avuta la notizia, seguendo le prescrizioni delle autorità, – afferma Antonio Vercesi del sindacato Vigili del Fuoco Usb Cosenza – 57 colleghi sono stati messi in regime di quarantena domiciliare. Il comandante ha annunciato la sanificazione della caserma di viale della Repubblica, ma i fatti lo smentiscono perché ancora non è stata effettuata e sono già trascorse le 9 ore entro le quali, secondo le direttive, doveva svolgersi. Riteniamo le misure adottate assolutamente insufficienti. Siamo molto preoccupati per la salute di tutti noi che prestiamo servizio a Cosenza e per le nostre famiglie. Nella mattinata del 13 marzo, il collega risultato positivo, nella sua veste di sindacalista, ha avuto contatti con il comandante Massimo Cundari, con i funzionari e con il personale amministrativo. Perché la quarantena non è stata ordinata per tutti?”.
“Il collega, a cui va tutta la nostra vicinanza, – sottolinea Vercesi – è ricoverato all’Ospedale Civile dell’Annunziata già da diversi giorni, con chiari sintomi da covid-19, perché non siamo stati tutelati immediatamente? Riteniamo tutto questo gravissimo. Chiediamo che tutto il personale in servizio nella caserma di Cosenza effettui immediatamente la Tac e quindi il tampone, che il regime di quarantena venga imposto a tutti coloro i quali hanno avuto contatti con il collega risultato positivo e che tutti gli spazi della caserma vengano sanificati al più presto. La salute dei lavoratori viene prima di tutto, non possiamo permettere che si mettano a rischio decine di persone e le loro famiglie”.
“Il Prefetto di Cosenza, che proprio ieri ha incontrato il comandante Cundari, verifichi la situazione che denunciamo e intervenga a tutela della salute pubblica. Ancora oggi – denuncia Vercesi – nessun provvedimento risulta essere stato assunto dal Dipartimento Vigili del Fuoco anche solo per a scongiurare la diffusione del contagio come, peraltro, già fatto in altri posti di lavoro con chiusura degli uffici. Tale atteggiamento, se persiste, espone la dirigenza nazionale e locale a precisi profili di responsabilità penale, non solo per il mancata applicazione dei protocolli disciplinati in simili occasioni, ma anche in riferimento alla mancata tutela della salute di dei lavoratori”