Da un farmaco per i tumori arriva una speranza contro il Coronavirus: il Pascale di Napoli alla testa di uno studio

Il farmaco contro i tumori che potrebbe ridurre la mortalità dovuta a coronavirus: lo studio che parte da Napoli
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Dall’esperienza nella ricerca oncologica arriva una speranza per chi si è ammalato di Covid-19. L’Agenzia italiana per il farmaco (AIFA) ha infatti annunciato in queste ore la partenza della sperimentazione con tocilizumab, un anticorpo monoclonale che agisce su un mediatore dell’infiammazione, l’interleuchina 6, e che sembra in grado di limitare i danni dell’infezione da coronavirus. A guidare la sperimentazione in Italia sarà Francesco Perrone, oncologo, responsabile della Struttura complessa di sperimentazione cliniche dell’Istituto Pascale di Napoli e ricercatore che AIRC ha sostenuto durante tutta la sua carriera. Per raccogliere i dati sarà usata una piattaforma specializzata messa a punto proprio dalla Fondazione Pascale per seguire la ricerca sui farmaci oncologici.

“Il tocilizumab è un farmaco usato in alcune malattie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide ma anche per mitigare gli effetti collaterali di alcune immunoterapie oncologiche, come le CAR-T” spiega Perrone. La polmonite da coronavirus sembra sostenuta anche da una eccessiva reazione del sistema immunitario che danneggia la parete degli alveoli polmonari. Il tocilizumab sembra capace di spegnere questa reazione spropositata e quindi di limitare il danno polmonare.

Lo studio clinico è promosso, oltre che dall’Istituto Pascale, anche dall’Aziende Dei Colli di Napoli, dall’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dall’IRCCS di Reggio Emilia e dalla Commissione tecnico scientifica di AIFA.

Gli scienziati sperano di riuscire sia a produrre dati scientificamente validi sul trattamento sia a consentire che l’uso di questa terapia, attualmente già diffusa, possa essere tracciato e valutato in modo sistematico.

Il nostro sarà uno studio indipendente, portato avanti dal Sistema sanitario nazionale” spiega ancora Perrone. “Per questo è diverso dallo studio lanciato in contemporanea dalla casa farmaceutica che produce il tocilizumab. Noi vogliamo capire non solo se è efficace ma anche quanto può essere utile ad affrontare una crisi come questa”.

Il disegno sperimentale è stato attentamente studiato per rispondere ad alcuni standard etici. “Lo studio della casa farmaceutica è di tipo randomizzato: vuol dire che un gruppo di pazienti sarà curato con questo farmaco e un altro senza. È certamente il modo più corretto di fare gli studi farmacologici, ma noi, in Italia, siamo in una situazione di particolare emergenza e non abbiamo il tempo di procedere in questa maniera. Quindi abbiamo scelto di curare tutti, utilizzando un disegno di fase 2 a singolo braccio, associato ad uno studio”.

In un primo gruppo di pazienti (che sarà sottoposto a un classico studio farmacologico di fase 2) si verificherà se è vero che tocilizumab riduce la mortalità. Per avere i risultati servirà circa un mese. Saranno trattati 330 pazienti ricoverati per polmonite da Covid-19 che mostrano i primi segni di insufficienza respiratoria o che siano stati intubati entro le ultime 24 ore.

In un secondo gruppo di malati si avvierà invece una raccolta dati (o studio osservazionale) con l’obiettivo di raccogliere ulteriori prove di efficacia e tossicità nel contesto della gestione dell’emergenza in corso. In questo caso verranno inclusi anche pazienti già intubati da oltre 24 ore e tutti i malati che sono già stati trattati col farmaco prima della partenza dello studio. Il numero di questi pazienti dipenderà dalla valutazione dei risultati della fase 2 e dall’andamento della pandemia.

Allo studio potranno partecipare tutti i centri clinici che ne faranno domanda, sotto la supervisione di Perrone e dei suoi collaboratori. “Io non entro in contatto con i pazienti Covid-19: continuo a trattare i miei pazienti oncologici. Quello che offro è la mia competenza negli studi farmacologici”. E conclude: “Questa epidemia ha dimostrato la forza dell’Italia, che è la capacità di mettere in sinergia le competenze. Non ci sono più barriere tra le specialità, tutti facciamo quello in cui siamo bravi, ponendoci al servizio della collettività per superare anche questa crisi”.

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