“Anche se c’è il coronavirus il mio papà va a lavorare”: la storia del disegno che ha emozionato l’Italia

"Anche se c'è il coronavirus il mio papà va a lavorare": la storia del disegno e del suo papà che da lontano continua a lavorare per il bene del Paese
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Qualche giorno fa era stata diffusa sui social questa foto che rappresenta una dedica di un bambino al suo papà. “Anche se c’è il coronavirus il mio papà va a lavorare”: nell’immagine si nota l’ambulanza e il papà, che la guida. E che non può esimersi dal proprio lavoro soprattutto in questo momento così delicato di emergenza coronavirus.

La foto racconta di un padre che lavora e che ogni sera può vedere il figlio con il quale condivide la stessa casa, pur nel rispetto della distanza. Obbligatoria, di questi tempi. Non può abbracciarlo, per prudenza e per tutelarne la salute, ma può quantomeno vederlo.

Una storia che ha tanto da insegnare.

Lui, Emil Fisogni, 43enne di Orzinuovi, nel Bresciano, è un autista soccorritore. Il figlio Samuele, a soli 7 anni, ha raccontato così l’eroismo del papà: carta, matita e colori per cercare di spiegare a chi lo ha vissuto da lontano, quanto il Coronavirus abbia toccato le vite di ognuno di noi.

“Quando l’ho visto – racconta il padre Emil Fisogni, 43 anni in un’intervista a Marina Verdenelli per l’Ansa- ho pensato che lo aveva fatto perché mi voleva a casa per giocare. Poi, quando ci ho parlato, ho capito che lo aveva fatto perché è preoccupato per me. Tutti i giorni che esco di casa per andare al lavoro mi ripete ‘ma perché devi lavorare? È pericoloso’. Inizia a metabolizzare anche lui quello che rischiamo”.

Emil è uno dei tanti che ha messo a repentaglio la propria sicurezza a servizio dell’altro. E il figlio ha saputo comprenderlo e raccontarlo così, mediante un’immagine tanto semplice quanto profonda che descrive il sacrificio di una persona comune che sta contribuendo a salvare l’Italia dall’emergenza coronavirus. 

L’immagine di chi fa il suo dovere nella sua silenziosa umiltà, nella consapevolezza di non essere il solo. Di chi è consapevole del rischio ma va avanti, di chi trova la forza in disegni come questo. Perché se questa emergenza coronavirus ci ha insegnato qualcosa, si tratta senz’altro di una lezione di gratitudine e solidarietà. Perché nonostante il dolore e la sofferenza, a volte un messaggio di speranza può essere in grado di cambiare il mondo.

Per questo anche io, dopo aver visto questa immagine, ho sentito il dovere morale di raccontare la sua storia: la storia dell’uomo che “coltiva il proprio giardino”, direbbe Voltaire, la storia di una “persona che sta salvando il mondo”, annuisce Borges.

 

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