Quella con il coronavirus è una battaglia lunga e difficile. Non bisogna mai abbassare la guardia, altrimenti l’emergenza riparte. È quello che sta succedendo in alcune zone della Cina, dove stanno cominciando a riemergere nuovi casi tra la popolazione. Ilham Mounssif, 26 anni, cresciuta in Sardegna, è partita per la Cina a fine dicembre, poche settimane prima che scoppiasse l’epidemia, per svolgere l’attività di Cultural Ambassador e docente di lingua inglese e civilizzazione europea nella contea di Quzho, provincia dello Zhejiang, che dista più di 600 km da Wuhan, epicentro dell’epidemia. A Mashable Italia, Ilham ha raccontato come è stato vivere il primo lockdown, la speranza del ritorno alla normalità e poi l’annuncio di un secondo lockdown.
“Nelle ultime settimane sono aumentati sia i casi di contagi importati, sia quelli di trasmissione locale. Per questo le attività che avevano riaperto, come ristoranti, bar, cinema, musei, hanno dovuto richiudere. E ci ha scoraggiato un po’”, racconta. “Piano piano stavamo tornando a una sorta di ‘normalità’, anche a Shangai. Certo con regole rigide e tutte le dovute precauzioni. Ma il timore che avevamo è diventato realtà. Perché sono state le persone asintomatiche, a quanto pare, ad aver riattivato una situazione di rischio”.
Ilham Mounssif è rimasta da sola nel suo campus universitario, dove vive. “Da oggi verrà comunicato anche il numero degli asintomatici, fanno controlli a tappeto. Questo è l’unico modo per tenere sotto controllo la cosa. Il distanziamento sociale non basta, nonostante il fatto che siamo sempre controllati. Attraverso le app come WeChat, per esempio, dobbiamo dichiarare le nostre condizioni di salute anche per entrare in un supermercato. Pensavamo di aver superato il peggio e quel lockdown di due mesi avesse portato la soluzione. Ma ora sono scattati nuovi focolai, forse era inevitabile. Abbiamo circa 700 contagi importati, e oltre 1500 di casi asintomatici. Numeri che bastano a riavviare l’aumento dei casi“.
Ilham ha scelto di non tornare in Italia: “Ero qui da sola e mi sentivo comunque al sicuro. Quello che mi ha fatto stare male è stato lo scoppio dell’epidemia in Italia, il mio Paese, e anche nella mia regione. E’ stato come vivere lo stesso dramma due volte”. “Non vedevo l’ora di ri-uscire. La prima cena che ho fatto con una mia collega è stata stupenda, finalmente mangiare con qualcuno. E poi ho preso la bici, c’era il sole. C’era tanta gente, sembrava la vita di prima. Mi sentivo una bambina, sopra quella bicicletta. Quando ti mancano le cose fondamentali ne capisci il valore. Era il primo giorno in cui rientravo nel mondo, nella società”.
In Cina non c’è ancora una nuova data per la riapertura: “Siamo qui a posticipare e a posticipare. Ma credo che, almeno l’anno scolastico, si concluderà così. Io dovrei rientrare in estate in Italia ma forse resterò qui ancora un po’. Non avrei mai pensato che sarebbe successo tutto questo. Volevo scoprire la Cina, vedere le Olimpiadi di Tokyo e in un attimo è stato cancellato tutto. Ma continuo a sperare. Anche se quello che è successo lo porterò sempre con me”.