“E’ stata una risposta che dovevamo dare innanzitutto a noi stessi, ai lettori e alla comunità bergamasca, tutti i giornali del mondo hanno parlato delle pagine che quotidianamente facevamo sui necrologi, arrivate addirittura a 13 quando mediamente ne abbiamo 2/3, il che vuol dire che il numero dei morti non rispecchiava assolutamente il dato sociale”. Così Alberto Ceresoli, direttore dell’Eco di Bergamo, ha raccontato a “Mezz’ora in più” su Raitre com’è nata l’inchiesta sui decessi aumentati a Bergamo attraverso l’aumento esponenziale delle pagine dedicate agli annunci funebri.
“Al di là della grande tristezza con cui abbiamo vissuto e stiamo vivendo questa grande tragedia collettiva, una risposta la dovevamo a noi stessi e anche ai nostri lettori – continua il direttore – In redazione abbiamo un collega, Isaia Invernizzi, in passato già protagonista di lavori scientifici con una società dell’Università di Bergamo, ha scritto a tutti i sindaci della provincia, hanno risposto un centinaio su 244 ma un campione molto significativo perché la popolazione raccolto si avvicinava al 60%. Da questo lavoro è emerso che i morti riferibili al coronavirus dal primo al 31 marzo in provincia di Bergamo sono 4500, analisi poi affinata sui singoli paesi e il dato più eclatante è San Pellegrino dove c’è stato un incremento dei morti del 2000% da marzo 2019 a marzo 2020. Abbiamo raccolto una serie di sollecitazioni arrivate dagli stessi sindaci perplessi sui numeri che venivano dati: il vantaggio del giornale locale è il contatto di grande vicinanza coi nostri lettori che ci segnalano quotidianamente decine di storie e accadimenti e abbiamo pensato di mettere insieme le cose perché era necessario dare una risposta alla comunità”.
“Questa è una straordinaria emergenza – conclude Ceresoli – uno tsunami che ci è capitato addosso tra un venerdì sera e una domenica mattina e anche queste critiche pesanti nei confronti del sistema sanitario, in particolare di quello lombardo, certamente qualcosa non ha funzionato ma stiamo parlando di un’emergenza che in meno di 48 ore ha travolto un’intera regione. Buttare la croce addosso subito così senza indagini particolari su un ospedale piuttosto che su un altro, insomma, chiederei un po’ più cautela. Tanta gente parla, ma fino al 23 febbraio dov’era?”.