Salgono a 68.192 i casi di coronavirus in Iran stamattina, con 1.972 contagi confermati nelle ultime 24 ore. Le nuove vittime sono 122, per un totale di 4.232 decessi. I malati ricoverati in gravi condizioni sono 3.969. I pazienti guariti aumentato a 35.465. Lo riferisce il ministero della Salute di Teheran, precisando che i test effettuati finora sono 242.568. Giova ricordare che in Iran l’epidemia è iniziata due settimane prima rispetto all’Italia, e il Paese conta oltre 80 milioni di abitanti, oltre 20 in più rispetto al nostro Paese!
Eppure a partire da domani l’Iran porrà fine fine al lockdown decretato in tutto il Paese per contenere la diffusione di cornavirus; a partire da domani sabato infatti, ad eccezione della capitale Teheran, le attività commerciali ed industriali riprenderanno per evitare il collasso economico come annunciato mercoledì dal presidente Hassan Rohani. Annuncio che ha diviso gli abitanti di Teheran tra timori per la ripresa del contagio e entusiasti per la fine di un isolamento che li ha messo in gravi difficoltà economiche.
“Oggi la lotta si svolge riprendendo le attività economiche. Non abbiamo altro modo“, ha dichiarato il presidente come il paese principale della pandemia in Medio Oriente. Tra i rischi per la salute pubblica e quelli di un collasso economico, il governo ha fatto la sua scelta confortato dal costante calo di contagi e vittime almeno stando ai dati ufficiali. Una decisione che sta sollevando la preoccupazione degli operatori sanitari nel paese. “In precedenza, la lotta (contro il coronavirus) era stata effettuata rimanendo a casa. Oggi è fatta riprendendo le attività economiche. Non abbiamo altro modo di fronte a noi“, ha detto Rohani mercoledì durante la sua riunione di gabinetto settimanale. Pertanto, da domani, due terzi delle attività cosiddette “a basso rischio” riprenderanno, tranne nella provincia di Teheran, che aspetteranno un’altra settimana.
L’annuncio del presidente Rohani arriva in un momento in cui l’economia iraniana è in gravi difficoltà a causa, tra l’altro, delle sanzioni statunitensi e del forte calo dei prezzi del petrolio. Nel contesto della crisi sanitaria, e per la prima volta dal 1960, Teheran ha chiesto al Fondo monetario internazionale un prestito di 5 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti si oppongono, accusando Teheran di voler usare i soldi per le sue “attività terroristiche” nella regione, secondo il portavoce del Dipartimento di Stato americano Morgan Deann Ortagus. Il rilancio di gran parte dell’attività economica in Iran arriva dopo due settimane in cui molte aziende hanno chiuso. Dal 27 marzo è anche vietato spostarsi da una città all’altra. Senza un concreto aiuto del governo per compensare la perdita di reddito, molti lavoratori autonomi hanno ripreso le proprie attività, senza attendere le dichiarazioni del presidente Rohani. Per alcuni, la fine dell’isolamento, è una boccata di ossigeno. Reza, un giovane abitante di Teheran contattato da askanews, spiega le difficoltà economiche inflitte a molte persone dal confino: “Nessun guadagno da quasi un mese, cinque persone che mio padre deve sfamare a casa. Non poteva durare più a lungo. Per il tassista Armin che da venti giorni non lavora a causa del lockdown: “L’epidemia significa anche nuove spese. Oltre a quelle solite di ogni giorno, devo ora comprare maschere, guanti e disinfettanti per le mani che costano molto. Bisogna soffrire ancora una settimana per ricominciare a guadagnare qualcosa”.
Per altri abitanti della capitale la fine dell’isolamento lascia perplessi. Muhaiman, un commerciante del grande bazar di Teheran afferma. “Mi domando come si farà a mantenere una distanza di 1,5 metri chiesti dalle autorità” come distanza minima da osservare, “soprattutto negli affollatissime stazioni della metropolitana”. “Il mio timore più forte è che l’epidemia riprenda con forza quando tutta la gente uscirà di nuovo senza che sia stata una cura certa per questa malattia”. Intanto, già da ieri tutti i parchi ed i giardini della capitale sono stati riaperti al pubblico per decisione del comune.