Coronavirus, l’Italia si prepara alla fase 2: saranno 3 gli indicatori di allerta

Sono i tre indicatori con valori di soglia e di allerta che dovranno essere monitorati nella fase 2 dell'emergenza coronavirus
MeteoWeb

Capacità di monitoraggio; capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti; stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari. Sono i tre indicatori con valori di soglia e di allerta che dovranno essere monitorati nella fase 2 dell’emergenza coronavirus. Lo stabilisce il decreto sui criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario per l’evoluzione della situazione epidemiologica firmato dal ministro della Salute Roberto Speranza.

“In assenza di un vaccino o di un trattamento farmacologico efficace, e a causa del livello di immunità della popolazione ancora basso, può verificarsi una rapida ripresa di trasmissione sostenuta nella comunità”, si legge nell’allegato che contiene i criteri di monitoraggio previste dal decreto. “Tutto questo, come anche suggerito dagli organismi internazionali, presuppone l’implementazione e il rafforzamento di un solido sistema di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circolazione di Sars-CoV-2, dei casi confermati e dei loro contatti al fine di intercettare tempestivamente eventuali focolai di trasmissione del virus, del progressivo impatto sui servizi sanitari”.

Allo stato attuale dell’epidemia, “il consolidamento di una nuova fase, caratterizzata da iniziative di allentamento del lockdown e dalla loro progressiva estensione, può aver luogo solo ove sia assicurato uno stretto monitoraggio dell’andamento della trasmissione del virus sul territorio nazionale. Altri presupposti sono il grado di preparazione e tenuta del sistema sanitario, per assicurare l’identificazione e gestione dei contatti, il monitoraggio dei quarantenati, una adeguata e tempestiva esecuzione dei tamponi per l’accertamento diagnostico dei casi, il raccordo tra assistenza primaria e quella in regime di ricovero, nonché la costante e tempestiva alimentazione dei flussi informativi necessari, da realizzarsi attraverso l’inserimento dei dati nei sistemi informativi routinari o realizzati ad hoc per l’emergenza in corso”. Per gli scopi di monitoraggio, e per classificare tempestivamente il livello di rischio in modo da poter valutare la necessità di modulazioni nelle attività di risposta all’epidemia, “sono stati disegnati alcuni indicatori con valori di soglia e di allerta che dovranno essere monitorati, attraverso sistemi di sorveglianza coordinati a livello nazionale, al fine di ottenere dati aggregati nazionali, regionali e locali”.

Questi indicatori – precisa il decreto – “non sono finalizzati ad una valutazione di efficienza/efficacia dei servizi ma ad una raccolta del dato e ad una migliore comprensione della qualità dello stesso, al fine di poter realizzare nel modo più corretto possibile una classificazione rapida del rischio di concerto con l’Istituto superiore di sanità e le Regioni e Provincie autonome“. Alcuni indicatori, definiti “opzionali”, sono relativi a flussi di sorveglianza non attualmente attivi che potranno essere istituiti in alcune Regioni e province autonome in base alla fattibilità ed opportunità. Tali indicatori verranno considerati nella classificazione del rischio solo qualora la Regione o provincia raccolga il dato a seguito dell’attivazione del relativo flusso informativo“.

Ecco come verrà quindi monitorata la Fase 2 dell’epidemia Coronavirus. Il monitoraggio comprenderà tre tipologie di indicatori: indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio; indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti; indicatori di risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari. Ognuno di questi indicatori si articola in sottocategorie per un totale di 21 indici. Tra gli indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio, si conta il numero di casi sintomatici notificati per mese, in tutte le declinazioni di gravità, dal ricovero al trasferimetno in reparti terapia intensiva, ed è previsto anche un sistema particolare di checklist da somministrare settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie.

Riguardo all’accertamento diagnostico, gli indici da tenere sotto controllo riguardano la percentuale di tamponi positivi al mese (escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il re-testing degli stessi soggetti) complessivamente e per macro-setting (territoriale, Pronto soccorso/Ospedale o altro), il tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi, e anche tra inizio sintomi e isolamento. Ancora importante l’assetto sul territorio, quindi il “numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona” dedicate in ciascun servizio territoriale al “contact-tracìng”, ma anche alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento, monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti in quarantena e isolamento.

Da considerare anche il “numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati”. In relazione al delicato indicatore che riguarda la “stabilità di trasmissione” e “la tenuta dei servizi sanitari”, tra gli indici più importanti si contano: numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni, l’Rt (indice di velocità di trasmissione) calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS, il numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata Covid-19 per giorno, il numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito), il numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note. Sotto osservazione anche il tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva per pazienti COVID-19 e quello dei posti letto totali di Area Medica per pazienti COVID-19.

“La fase di transizione dell’epidemia di Covid-19 – si sottolinea nel decreto – si propone di proteggere la popolazione, con particolare attenzione per le fasce di popolazione vulnerabile, e di mantenere un numero di casi di infezione limitato e comunque entro valori che li rendano gestibili da parte dei servizi sanitari del Paese”. I criteri quindi da valutare per la fase di transizione nella gestione Covid-19 in Italia sono – si spiega – “il mantenimento di un numero di nuovi casi di infezione da SARS-CoV-2 stabile ovvero un aumento limitato nel numero di casi nel tempo e nello spazio, che possa essere indagato in modo adeguato e contenibile con misure di controllo locali”; e “il mantenimento o riduzione del numero di casi di trasmissione in strutture che ospitano popolazioni vulnerabili (cluster in ospedali, Rsa, altre strutture assistenziali, case di riposo ecc.) e assenza di segnali di sovraccarico dei servizi sanitari“. E “le soglie definite negli indicatori proposti” nel decreto sono “volte a monitorare il mantenimento di questi criteri”. Sono anche “identificati valori di allerta che devono portare ad una valutazione del rischio congiuntamente nazionale e delle Regioni e Province autonome interessate” e questo “per decidere se le condizioni siano tali da richiedere una revisione delle misure adottate o da adottare ed eventualmente anche della fase di gestione dell’epidemia”. Per alcuni indicatori sono definiti valori soglia in modo puntuale, ma si condurrà anche una valutazione comparativa con i dati dei 7 giorni precedenti, “raccolti nell’ambito della sorveglianza integrata nazionale, il cui storico costituirà quindi il valore di riferimento epidemiologico”. Una prima valutazione verrà fatta sulla qualità del dato, poi su quella del rischio, “definito come la combinazione della probabilità e dell’impatto di una minaccia sanitaria”.

In questo contesto “la minaccia sanitaria è costituita dalla trasmissione non controllata e non gestibile di SARS-CoV-2, e si valuterà quindi il rischio legato alla probabilità di infezione/trasmissione in Italia e all’impatto, ovvero la gravità della patologia con particolare attenzione a quella osservata in soggetti con età superiore a 50 anni”. Gli algoritmi di cui terrà conto il sistema di monitoraggio valuteranno sia la probabilità che l’impatto in relazione agli indicatori di riferimento. Il risultato di entrambe le valutazioni verrà rapportato alla matrice di stima del rischio, per una valutazione del rischio complessivo. A questo punto, “una classificazione di rischio moderato/alto/molto alto porterà ad una rivalutazione e validazione congiunta” con la Regione o provincia interessata che “porterà a integrare le informazioni da considerare con eventuali ulteriori valutazioni svolte dalla stessa sulla base di indicatori di processo e risultato calcolati per i propri servizi”. Un processo quindi non automatico ma in una sorta di contraddittorio. Se poi si conferma “un rischio alto/molto alto, ovvero un rischio moderato ma non gestibile con le misure di contenimento in atto, si procederà ad una rivalutazione delle stesse”, sempre di concerto con la Regione, così come previsto dal Dpcm del 26 aprile. Se la valutazione in tali modalità non sarà possibile questo – avverte il decreto – “costituirà di per sé una valutazione di rischio elevata, in quanto descrittiva di una situazione non valutabile e di conseguenza potenzialmente non controllata e non gestibile”. Una classificazione aggiornata del rischio per ciascuna Regione deve avvenire almeno settimanalmente. Il Ministero della Salute, tramite apposita cabina di regia, che coinvolgerà le Regioni, le province autonome e l’Istituto Superiore di Sanità, raccoglie – si spiega – le informazioni necessarie per la classificazione del rischio e “realizza una classificazione settimanale del livello di rischio di una trasmissione non controllata e non gestibile di SARS-CoV-2 nelle Regioni o province autonome”.

Il decreto con la circolare integrata dedica anche un capitolo all’importanza delle “risorse umane” per un efficace monitoraggio sanitario nella fase 2 di convivenza col virus. “La ricerca e la gestione dei contatti – si sottolinea – per essere condotta in modo efficace, deve prevedere un adeguato numero di risorse umane, quali operatori sanitari e di sanità pubblica, personale amministrativo e, ove possibile, altro personale già presente nell’ambito dei Servizi veterinari dei Dipartimenti di Prevenzione, da coinvolgere secondo le esigenze locali”. Riportando le stime del Centro di controllo europeo delle malattie (Ecdc), il decreto firmato dal ministro della Salute ricorda che “per garantire in modo ottimale questa attività essenziale dovrebbero essere messe a disposizione nelle diverse articolazioni locali non meno di 1 persona ogni 10.000 abitanti includendo le attività di indagine epidemiologica, il tracciamento dei contatti, il monitoraggio dei quarantenati, l’esecuzione dei tamponi, preferibilmente da eseguirsi in strutture centralizzate, il raccordo con l’assistenza primaria, il tempestivo inserimento dei dati nei diversi sistemi informativi”. Ed “è necessario – si conclude – provvedere a un’appropriata formazione del personale e garantire, da parte dei Dipartimenti di Prevenzione e dei Distretti Sanitari, il mantenimento dei livelli di erogazione dei rimanenti ordinari servizi (ad es. screening, vaccinazioni)”. Il decreto adotta i criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario di cui all’allegato 10 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, così come individuati nella circolare allegata che ne costituisce parte integrante. Una circolare firmata dal direttore generale della Direzione generale della prevenzione sanitaria Claudio D’Amario e dal direttore generale della Direzione generale della programmazione sanitaria Andrea Urbani.

Intanto in Liguria si pensa alla fine del lockdown.Chiedo ai genovesi di fare un ultimo sforzo, di restare a casa in questo fine settimana festivo, sarà uno degli ultimi weekend in cui dovremo farlo, cerchiamo di non uscire se non per reali necessità”: è l’appello del sindaco di Genova Marco Bucci, preoccupato dal nuovo aumento dell’8% degli spostamenti in città, relativi alla giornata di ieri. L’invito a stare a casa arriva insieme all’annuncio che da lunedì prossimo Genova “riapre parchi, spiagge e passeggiate, stiamo studiando le procedure”.

Lunedì saranno approntate anche tutte le misure per garantire il servizio di trasporto pubblico in città. “Stiamo anche pensando a una sanificazione straordinaria delle strade, se non dovesse piovere per lungo tempo“. La Giunta Bucci ha approvato la delibera per annullare alcuni mesi di pagamento della Tari se arriveranno le risorse promesse dal Governo, a partire dai negozi che “sono stati chiusi uno-due mesi e quindi non hanno prodotto rifiuti”.

In Lombardia “la nuova ordinanza della Regione alla firma del presidente. Attilio Fontana, in vista del 4 maggio, è sostanzialmente in linea con i provvedimenti indicati dal Governo”. Lo comunica, in una nota, la Regione Lombardia. A differenza di quanto previsto dal Dpcm in Lombardia permane però l’obbligo di coprirsi le vie respiratorie, con mascherina oppure con sciarpe, foulard o altri indumenti, anche all’aperto. Via libera ai mercati all’aperto (ma solo per generi alimentari e con alcune ‘semplificazioni’ chieste dai sindaci), semaforo verde per studi professionali, cartolerie, librerie e negozi di fiori.

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