Secondo una ricerca condotta da Carlo Signorelli e Anna Odone, professori della Facoltà di Medicina dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in collaborazione con Thea Scognamiglio della Johns Hopkins Center for Humanitarian Health, e pubblicata su ‘Acta Biomedica’, erano circa 2,5 milioni gli italiani contagiati dal Coronavirus al 7 aprile scorso.
“Abbiamo usato un modello statistico. Ebbene, ad essere stato contagiato al 7 aprile era il 4% della popolazione: circa 2,5 milioni di persone. Ma adesso i numeri sono aumentati: possiamo stimare a oltre il 5% gli italiani contagiati,” ha spiegato Signorelli all’Adnkronos Salute.
Le regioni meno colpite sono la Sicilia e la Basilicata, con un tasso di infezione dello 0,35%, mentre il dato più alto riguarda la Lombardia, con il 13,3% di contagi. Il Centro/Sud ha valori più bassi: la mappa elaborata dagli esperti indica lo 0,57% nel Lazio, lo 0,53% in Campania e lo 0,73% in Puglia. Contro il 5,6% in Veneto, 6,9% in Emilia Romagna, 4,3% in Piemonte e 11,2% in Valle d’Aosta.
L’analisi preliminare è basata su un modello statistico e non sul numero di contagi riportati dal Sistema di sorveglianza nazionale, “per evitare possibili distorsioni dovute alla diversa percentuale di persone testate in ogni regione“.
Dato che il numero ufficiale di decessi è considerato una misura meno distorta, gli autori hanno aggiornato un modello che tiene conto dei decessi la cui causa non è stata diagnosticata, soprattutto nella fase iniziale dell’epidemia.
Il numero di decessi è stato quindi corretto sulla base di stime già pubblicate.
Il tasso di letalità aggiustato per l’Europa (0,85%) è stato calcolato considerando le stime di tre recenti studi, due inglesi e uno italiano. Sulla base di tali parametri è stato ottenuto il modello che ha permesso di stimare la media dei contagi da Coronavirus in Italia.
“La nostra analisi ci dice che le misure di lockdown che hanno chiuso il Paese hanno avuto grande efficacia, meno visibile al Nord ma molto al Centro Sud. Altre iniziative, come gli screening della febbre in aeroporto avviati a gennaio, sono state meno efficaci“, ha spiegato all’Adnkronos Salute Carlo Signorelli.
I dati mostrano che il blocco totale attuato a partire dal 9 marzo “ha avuto un impatto positivo, in particolare le regioni centrali e meridionali dell’Italia, mentre altre azioni sembrano essere meno efficaci, come il divieto di volo dalla Cina e la misurazione delle temperature in aeroporto: siamo partiti per primi, eppure siamo stati i primi in Europa a fare i conti con il virus“, afferma Signorelli. Inoltre “la zona rossa ad Alzano avrebbe potuto rivelarsi efficace, quella di Vo’ ha spento il focolaio mentre quella di Codogno non lo ha chiuso perché ormai il problema si era diffuso e forse la zona rossa andava ampliata“, aggiunge Signorelli. Nel complesso, si può affermare che le misure di contenimento (zone rosse) e di mitigazione (blocco generale) possono essere efficaci se prese in una fase iniziale dell’epidemia e su vaste aree. Mentre “la fase post-epidemica potrebbe trarre beneficio dalla disponibilità di test seriologici per gli anticorpi“, spiegano gli autori.