Coronavirus, medico: l’eparina “efficace in giuste dosi e non per tutti”

Coronavirus, Rebuzzi: "Un farmaco è efficace se si somministra in dose corretta, altrimenti può essere inutile o addirittura pericoloso"
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Per sintetizzare si può dire che vi sono parecchie strade attraverso cui l’eparina potrebbe essere utile nella terapia del Covid-19 come peraltro di qualsiasi altra grave infezione. Riguardo a ciò un campo di immediato interesse è trovare la dose adatta, poiché un farmaco è efficace se si somministra in dose corretta, altrimenti può essere inutile o addirittura pericoloso“: lo ha scritto, in articolo sul ‘Messaggero’ Antonio Rebuzzi, docente di Cardiologia dell’Università Cattolica di Roma, riferendosi del medicinale anti-trombotico nel trattamento del nuovo Coronavirus. “Questo sarebbe sicuramente il caso della enoxeparina, farmaco che, è bene ricordarlo, è efficace solo se è in atto nel sangue del paziente infetto un’alterata coagulazione, altrimenti non sembrerebbe modificare la prognosi. Peraltro se venisse data in dosi inferiori al necessario non eserciterebbe la sua azione anticoagulante. Dato invece a dosi elevate potrebbe dare origine ad emorragie gastriche, vestitali o anche cerebrali. Da notare per di più che negli anziani o in coloro con alterazioni della funzionalità renale, la dose di enoxeparina deve essere ridotta perché tale farmaco viene eliminato per via renale e potrebbe quindi accumularsi. Non ha pertanto senso, anzi sarebbe pericoloso somministrare l’enoxeparina a chiunque fosse sospettato di essere colpito dal Covid perché qualsiasi farmaco è davvero utile solo se lo diamo alle persone tra i due gruppi“. “In questo periodo di incertezze perla nostra vita se ne è aggiunta una importante riguardante i farmaci utilizzati per la terapia dei pazienti Covid. Più precisamente tale incertezza è spesso determinata dalle numerose notizie sui tantissimi farmaci che sono oggetto di sperimentazione o meno, ma dei quali, attraverso internet o chat più o meno accreditate, tutti hanno informazioni. Noi medici siamo quindi subissati da richieste di spiegazioni e talora di suggerimenti terapeutici da parte dei nostri pazienti, la cui conoscenza della farmacopea è stata formata su internet. Ultimo arrivato, in ordine di tempo, è l’utilizzo delle eparine a basso peso molecolare nei pazienti adulti con Covid-19, sulla cui utilità e sicurezza (in particolare su quella di una di queste: l’enoxeparina) è iniziato uno studio multicentrico dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) su 300 pazienti in 14 centri in Italia.
L’enoxeparina è un farmaco conosciuto e usato da molti anni nella profilassi sia del tromboembolismo venoso sia dopo un intervento chirurgico sia in pazienti non chirurgici ma affetti da gravi patologie quali l’infarto, lo scompenso cardiaco o l’embolia polmonare. E’ inoltre utilizzata (a dosi basse) nei pazienti che stanno a letto per parecchio tempo onde impedire la formazione di trombi nelle vene delle gambe con successive possibili embolie. Nell’ultimo mese sono stati pubblicati numerosi lavori scientifici sull’utilizzo di enoxeparina in pazienti Covid. Sul Journal of Thrombosis and Haemostasis, Ning Tang e coll, del Tongji Hospital, Huazhong University di Wuhan (Cina), hanno studiato 449 pazienti con severa infezione da Covid-19 reclutati tra il primo gennaio e il 13 febbraio di quest’anno. Tra questi, 99 pazienti sono stati trattati con enoxeparina per almeno 7 giorni. Mentre la mortalità non differiva, se si consideravano solo i più gravi, in cui le analisi facevano intuire un aumento della coagulazione (ad esempio pazienti con livelli di D-dimero elevati) l’enoxeparina riduceva di molto la mortalità a un mese (dal 52,4% al 32,8%). In un interessante editoriale sulla stessa rivista, Jecko Thachil del Department of Haematology, Manchester Royal Hospital inglese, analizza tutti i vari meccanismi attraverso i quali l’eparina potrebbe esercitare un’azione benefica. Questi vanno dalla sua azione anticoagulante a quella antiinfiammatoria, da quella di aiuto alle cellule endoteliali che rivestono le arterie a quella di inibitore dell’attacco del virus Covid alle cellule polmonari (studiato però solo in modelli sperimentali e su un virus simile al Covid)“.

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