“Ci siamo accorti che sia sul territorio ma anche in ospedale c’è una tendenza alle terapie fai da te, che ha stigmatizzato nei giorni scorsi anche l’Istituto superiore di sanità”. A sottolinearlo è Giuliano Rizzardini, direttore Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano durante l’aggiornamento quotidiano della Regione Lombardia sull’emergenza coronavirus in diretta Facebook. “Ognuno – dice l’esperto – tende a proporre una terapia diversa. Su questo molte sono richieste che arrivano via mail all’assessore, che le gira a un gruppo di esperti (infettivologi, virologi, farmacologie e specialisti che si occupano di metodologia clinica), per verificare se siano razionali. Quello di cui abbiamo bisogno in una fase non più di grande emergenza è di ragionare con metodo, di cercare studi controllati, per ottenere risposte più chiare”.
Ci sono, informa Paolo Grossi, ordinario di malattie infettive dell’università degli Studi dell’Insubria, intervenuto durante la diretta Facebook, “una serie di progetti di valutazione di farmaci. Speriamo di ottenere qualche risultato che ci consenta di trattare al meglio i pazienti”. “Noi – prosegue Rizzardini – ci stiamo organizzando fra colleghi, abbiamo bisogno di razionalizzare i percorsi. Tenendo conto che ad oggi la vera terapia è assistere puntualmente i pazienti ricoverati e che ad oggi non esistono farmaci che abbiano evidenze accertate di efficacia per la Covid-19″.
La terapia principale per i malati di Covid 19, ribadisce Rizzardini, “è l’ossigeno, la terapia di supporto. E il monitoraggio puntuale dei pazienti. Interveniamo eventualmente con dei farmaci nel momento in cui riteniamo che ci sia bisogno”. Le terapie che si possono offrire oggi “non hanno evidenze scientifiche secondo il metodo scientifico abituale – aggiunge Grossi – Abbiamo fatto diversi tentativi terapeutici e alcuni li abbiamo parzialmente abbandonati, proprio perché i risultati non sono stati particolarmente entusiasmanti”.
Oggi, racconta lo specialista, “ho dimesso il primo paziente che ha presentato infezione da coronavirus nella provincia di Varese: è un signore di 85 anni pluripatologico. Da parte di molti c’erano perplessità che ce l’avrebbe fatta, ma con le armi di cui disponevamo e l’impegno assistenziale profuso oggi questo paziente è sostanzialmente guarito per l’infezione ed è in una struttura riabilitativa. Ma al di là di questi casi aneddotici abbiamo bisogno di avere certezze su strategie migliori da mettere in campo”.
Come Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) Lombardia “fin dai primi giorni abbiamo cercato di realizzare un vademecum per uniformare l’approccio terapeutico sul modello cinese e questo vademecum ha subito evoluzioni ed è oggetto tuttora di rivisitazioni perché – spiega Grossi – pian piano impariamo a conoscere la malattia e come gestirla. C’è la necessità di studi clinici controllati e randomizzati che portino evidenze, per non prescindere dal metodo scientifico e gestire al meglio i pazienti“. Anche sui farmaci anti artrite reumatoide, conclude, “noi abbiamo impiegato diversi farmaci monoclonali alcuni dei quali sembrano aver dato risultati molto positivi che però in altri casi non si sono registrati. Servono dati più certi su quando e a chi dare questi farmaci e su quali sono i reali risultati. La Lombardia è molto attenta su questo”.