Altro che “giro delle sette chiese”: stasera gli italiani più legati alle tradizioni dovranno farne a meno, per la prima volta, a causa del Coronavirus. Eppure quest’usanza è così radicata nel nostro Paese che è diventato un detto un modo di dire con significato negativo, quando utilizziamo “fare il giro delle sette chiese” intendendo di andare da un posto all’altro, perdendo molto tempo inutilmente. Ma in origine, il giro delle sette chiese formalizzava un traguardo: ottenere l’indulgenza plenaria, concessa in occasione del Giubileo.Secondo alcuni storici, già nel 7° secolo era tradizione romana recarsi in pellegrinaggio alle tombe di Pietro e Paolo ma la consacrazione del rito avvenne nel 1300, quando Bonifacio VIII inserì il giro delle sette chiese nel calendario delle attività che i fedeli dovevano compiere al loro arrivo a Roma per celebrare l’anno giubilare.La pratica religiosa cadde in disuso dopo quel Giubileo per poi essere ripresa solo con San Filippo Neri, fiorentino d’origine, arrivato a Roma come pellegrino, impiegato per qualch e anno come pre cettore dei figli di un notabile, che lavorava saltuariamente presso l’ospedale degli Incurabili di San Giacomo; poi eremita fra le strade di Roma, assistendo infermi e poveri, sino a quando divenne sacerdote, creando la Congregazione dell’Oratorio, per offrire ai giovani di ogni ceto occasioni d’incontro e vita sociale.
La visita era espressa col pellegrinaggio dei fedeli verso 7 basiliche celebri, le più antiche e rappresentative di Roma, tra cui le maggiori (San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Pietro in Vaticano e San Paolo fuori le mura), proseguendo per Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le mura, San Sebastiano fuori le mura. Bisogna arrivare al 1552 affinchè il pellegrinaggio diventi una pratica stabile e organizzata, tanto che il Santo, col crescere del numero dei partecipanti, decise di dedicare ad esso un giorno fisso all’anno: il Giovedì Grasso. L’inizio della visita delle sette chiese fu il 25 febbraio 1552, un Giovedì Grasso, per contrapporre ai festeggiamenti del Carnevale Romano, la devozione ai luoghi più santi di Roma e la meditazione sulla Passione.
Si trattava di un grande momento di convivialità, comprensivo di scampagnata, una ricca merenda alla vigna dei Mattei, attuale Villa Celimontana, che univa attimi di preghiera allo svago, seguita da un concerto con organo e coro in una cappella della stessa villa.L’invenzione di San Filippo Neri fu, in realtà, quella di fare della visita una pratica collettiva, un momento di aggregazione spirituale e di rinnovamento interiore.Un’altra caratteristica del rito era il sermoncino del pupo, la recita di un sermone abbastanza semplice, scritto da un b ambino, che lo doveva declamare in pubblcio. Col tempo la visita alle sette chiese si spostò dal Giovedì Grasso alla fine della Quaresima e il numero di 7 rimandava alle 7 tappe di Gesù durante la Passione, dal cenacolo al Getsemani, dall’orto alla Casa di Anna; da questa alla Casa di Caifa, da lì al Palazzo di Pilato, da quest’ultimo a quello di Erode e, di nuovo, da Erode a Pilato e, infine, dal palazzo di Pilato al Calvario.