Coronavirus e allerta migranti, i medici: “Non sono untori, dannosa questa paura irrazionale”

"La positività di questi Migranti ci ha rivelato che il virus è ancora presente in tutto il mondo e sta proseguendo la sua rotta in diverse direzioni. Sono dati che traducono un quadro multifocale di una pandemia ancora in fase ascendente"
MeteoWeb

I Migranti sbarcati nei giorni scorsi in Calabria e in Sicilia, in maggioranza provenienti da Bangladesh e Pakistan, risultati positivi al Covid-19 hanno generato allarme in Italia, facendo temere “una bomba pronta ad esplodere”. Istituzioni, esponenti politici e osservatori hanno subito portato lo sguardo verso l’altra sponda del Mediterraneo, in Africa, finora relativamente risparmiata dalla pandemia, ma che potrebbe diventare un futuro epicentro della crisi sanitaria globale.

“La positività di questi Migranti ci ha rivelato che il virus è ancora presente in tutto il mondo e sta proseguendo la sua rotta in diverse direzioni. Sono dati che traducono un quadro multifocale di una pandemia ancora in fase ascendente, con numeri importanti e una diffusione geografica sempre più ampia”: lo ha detto all’AGI Giovanni Putoto, medico, responsabile della ricerca per medici con l’Africa Cuamm.

“Al momento gli epicentri sono Stati Uniti e America Latina. Ma negli ultimi 10 giorni la diffusione del virus ha segnato un’accelerazione in alcuni Paesi dell’Asia – quali Bangladesh e India – e dell’Africa, anche se i numeri di contagi e decessi quando ci riferiamo al continente africano vanno presi con le pinze” prosegue Putoto, coordinatore della risposta al Covid-19 negli otto Paesi in cui Cuamm opera da 70 anni, dall’Etiopia all’Uganda alla Repubblica Centrafricana.

Numeri alla mano, complessivamente i 54 Paesi africani registrano piu’ di 600 mila casi positivi e 13 mila morti accertati. In tutto nove nazioni totalizzano l’85% dei casi, con situazioni molto diverse da un Paese all’altro, e scenari piu’ preoccupanti in Sudafrica, Egitto, Algeria, Marocco, Nigeria, Ghana e Camerun. I dati, inoltre, indicano un’accelerazione dell’epidemia sul continente, con la ‘variabile tempo’ evidente sin dall’inizio della crisi sanitaria. Ci sono voluti 100 giorni per registrare i primi 100 mila casi in Africa, solo 20 per assistere al raddoppio (200 mila), altri 20 per un secondo raddoppio e una settimana soltanto per superare quota 500 mila contagi.

“Stando ai dati di oggi, è chiaro che i numeri della pandemia in Africa sono irrisori rispetto al resto del mondo: rappresentano solo il 3% del totale. Pertanto, al momento, non è certamente l’area di maggiore rischio su scala globale” valuta Silvia Mancini di medici Senza Frontiere (MSF), sottolineando che “se, per fortuna, in Africa non si è ancora manifestata la catastrofe temuta all’inizio della pandemia, si tratta di Paesi con delle caratteristiche intrinseche, delle peculiarità che rendono lo scenario continentale molto complesso”.

I due esperti sanitari concordano sul fatto che i numeri che arrivano dall’Africa sono da prendere con le pinze, poiché incompleti e poco affidabili, ben al di sotto della realtà sul terreno. In altre parole i bilanci di contagi e vittime a disposizione sarebbero solo la punta dell’iceberg. Confermano anche la scarsa capacità diagnostica che contraddistingue lo scenario africano, con in media 4 mila test eseguiti ogni milione di abitanti contro i circa 75 mila in Europa, oltre al fatto che spesso i sistemi locali di sorveglianza sanitaria non funzionino correttamente. Inoltre, riferisce Putoto di Cuamm, in molti Paesi “non c’e’ un sistema anagrafico consolidato di registrazione delle nascite e delle morti. Di fatto molti dei decessi presumibilmente avvenuti a causa del Covid-19 non sono stati nemmeno registrati, pertanto attribuirli al virus e’ pressoche’ impossibile”. Tra gli altri fattori evocati per cercare di spiegare un bilancio ancora contenuto di contagi e vittime da coronavirus, c’e’ anche quello della giovane eta’ media della popolazione, in qualche modo uno scudo alla malattia, anche se una parte potrebbe essere asintomatica.

A preoccupare maggiormente gli operatori di Cuamm e MSF sono soprattutto i pesanti effetti indiretti della pandemia, che ha già causato un alto bilancio di morti collaterali o secondarie, oltre alle temute ripercussioni sanitarie sulle popolazioni nel medio termine e quelle economiche, ancora più devastanti.

“Un altro carico di malattie e morti che si è già manifestato – evidenzia Putoto – ai danni dei bambini, di cui un milione duecentomila e’ deceduto a causa di effetti indiretti della malattia; delle donne, con 60 mila morte in gravidanza; di chi è affetto da patologie croniche e gravi, come l’Aids, e non e’ andato a rifornirsi in medicinali”.

Come è accaduto in Italia e in molti Paesi europei in piena pandemia, anche in Africa la maggior parte delle persone si è tenuta alla larga da ospedali, cliniche e consultori, rinunciando a parti medicalizzati, vaccinazioni e farmaci.In lockdown si sono amplificati gli effetti sanitari collaterali del Covid. In tanti non si sono piu’ curati per l’Hiv, per la tubercolosi. Quanti neonati non vaccinati saranno in un futuro prossimo maggiormente vulnerabili a malattie infantili potenzialmente pericolose, quali il morbillo” spiega Mancini.

Per non parlare degli effetti a medio-lungo termine sulla parte piu’ debole della societa’ umana: da 71 a 100 milioni di persone potrebbero precipitare in stato di poverta’ estrema e altri 200 milioni sono a rischio fame secondo dati della Banca Mondiale. A questo punto gli Obiettivi di sviluppo sostenibile risultano irraggiungibili e l’agenda internazionale e’ sconvolta: nella pandemia l’Africa perdera’ i risultati acquisitati nell’ultimo decennio in diversi settori e andra’ incontro a una inversione di tendenza. “In un contesto globale in parte mutato come conseguenza della pandemia e alla luce del suo decorso, invece di generare allarme sulla base di informazioni parziali o false, dobbiamo tutti dare prova di responsabilita’ se vogliamo vincere la battaglia contro il Covid-19” insiste il medico di Cuamm.

Che senso ha trattare i Migranti da untori, puntare il dito. In Africa i primi casi sono stati portati dagli occidentali. Il virus in giro per il mondo lo hanno veicolato un po’ tutti, prima i cinesi poi gli europei” ricorda Putoto. “In un mondo interdipendente, la pandemia di Covid-19 e’ una manifestazione concreta del significato del termine salute globale e dell’importanza primaria di cooperare. Lanciare la pietra sui Migranti o su qualcun altro peggiorera’ la situazione e certamente non spegnera’ nuovi focolai” conclude l’esperto italiano. “In realta’ la parte degli sbarchi e’ quella meno problematica. Vengono sempre praticati screening sanitari per diagnosticare eventualmente altre malattie. A questo punto basta integrare il test Covid, quello che gia’ viene fatto” fa notare Mancini, spiegando che il monitoraggio delle epidemie nei relativi Paesi di provenienza, la sorveglianza attiva ad hoc, la diagnosi precoce e l’isolamento sono il miglior modo per ridurre i rischi e contenere i contagi.

“Il problema di reintroduzione del virus esiste e non va negato. Il rischio migrante c’è, anche perché tra loro ci possono essere giovani asintomatici e perche’ il viaggio in condizioni estreme e di grande precarieta’ sanitaria aumenta il rischio di vulnerabilita’, sia sulle imbarcazioni che nei centri di detenzione in Libia” riferisce ancora l’operatrice di MSF. Dall’inizio del 2020 pandemia e lockdown hanno rallentato flussi migratori e sbarchi in Italia, ma ora potrebbero riprendere.

“Più preoccupante è la stigmatizzazione e la disinformazione da parte di chi diffonde paura irrazionale. Questa è la bomba che va disinnescata. Vanno invece diffusi dati corretti e notizie verificate in modo scrupoloso, andando oltre le speculazioni e la solita narrazione negativa sull’Africa” insiste Mancini. L’esperta di salute pubblica dell’Ong invita a una riflessione sui rischi legati al turismo, con comportamenti piu’ leggeri e incontrollati che involontariamente potrebbero reintrodurre il virus, e auspica “senso civico e responsabilita’ da parte di ognuno di noi”. Intanto, volgendo un ultimo sguardo all’Africa, i due operatori concludono che urge lavorare al rafforzamento dei sistemi sanitari e sostenere i Paesi con misure politiche forti da parte della comunita’ internazionale, quali la cancellazione del debito. Se l’epidemia e’ ancora allo stadio iniziale, non c’e’ alcuna certezza scientifica che il potenziale esplosivo particolarmente elevato non porti la pandemia di Covid-19 ad avere un impatto devastante. E il continente deve farsi trovare pronto.

Condividi