Caso Viviana Parisi, nuovi accertamenti nel pomeriggio a Caronia. La famiglia: “Parabrezza dell’auto già rotto prima dell’incidente”

Gli agenti della scientifica torneranno nel pomeriggio nei boschi di Caronia, nel messinese, per condurre nuovi accertamenti tecnici
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  • Viviana Parisi con il marito, Daniele Mondello
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Gli agenti della scientifica torneranno nel pomeriggio nei boschi di Caronia, nel messinese, per condurre nuovi accertamenti tecnici non ripetibili in casolari, allevamenti, abitazioni rurali che si trovano nei pressi del luogo in cui sono stati ritrovati i corpi senza vita di Viviana Parisi, la dj di origini torinesi, e del figlio Gioele di 4 anni. Lo ha disposto la Procura di Patti. Esami saranno eseguiti con il Luminol alla ricerca di eventuali tracce ematiche e biologiche, con possibilita’ di procedere all’identificazione degli animali presenti sul posto. Questo perche’ sia sul corpo della donna che sui resti del bimbo, nel corso degli esami autoptici, sono stati trovati morsi di animali e gli inquirenti vogliono vederci chiaro.

Intanto, ieri, hanno dato esito negativo le ricerche nei boschi di Caronia di altri resti del piccolo Gioele. Per tutta la giornata vigili del fuoco e agenti della polizia scientifica hanno setacciato tutta la zona, attorno al ritrovamento dei corpi delle vittime, alla ricerca di qualche traccia o nuovo indizio.

Il parabrezza della Opel Corsa di Viviana Parisi era già rotto prima dell’incidente avvenuto il 3 agosto nella galleria Turdi sull’autostrada A20 Messina-Palermo“. A dirlo è, attraverso il suo legale Pietro Venuti, Daniele Mondello, il marito della deejay di 43 anni poi trovata morta l’8 agosto nei boschi di Caronia (Messina), mentre il corpicino del figlio Gioele di 4 anni è stato rinvenuto da un volontario solo il 19 agosto a circa 300 metri di distanza. Ieri sera era circolata la voce che la lieve crepa rilevata sul parabrezza, sul lato passeggeri, dalla Polizia scientifica, fosse dovuta proprio allo scontro avuto nella galleria da Viviana con un furgone di operai, dopo un sorpasso azzardato. Subito dopo il sinistro, Viviana aveva fatto perdere le proprie tracce con il figlio. Secondo gli investigatori sarebbe la prova che il piccolo Gioele abbia battuto la testa sui cui sarebbero state rilevate, durante l’esame Tac prima dell’autopsia, micro tracce di sangue. Ma adesso arriva la smentita del padre di Gioele, che ci tiene a precisare che il parabrezza fosse “già lesionato” dopo “un precedente sinistro” avvenuto nei mesi scorsi. Quindi, il parabrezza non si sarebbe rotto quel giorno.

L’esame sull’auto danneggiata, che si trova in un deposito della Polizia a Messina, con una ruota bucata e altri danni sul lato, è stato eseguito dalla Polizia scientifica. Da una telecamera di sorveglianza è anche emerso che il piccolo non fosse legato al seggiolino. Anche dai video postati sui social si vede sempre Gioele in piedi sul sedile posteriore, mai allacciato. La mattina del 3 agosto l’auto di Viviana fece un sorpasso azzardato in galleria, sbattendo contro un furgone e impattando con la fiancata destra sulla fiancata sinistra del furgone. Nell’urto si è rotto anche il finestrino. Ecco perché gli investigatori non escludono che il bambino abbia potuto battere la testa. Ma, stando a quanto dice il padre del bambino, il parabrezza era già rotto.

“Errori nelle ricerche hanno compromesso la verità”

Sono stati commessi errori evidenti nelle ricerche, non è possibile che il corpo della madre venga ritrovato così in ritardo con le nuove tecnologie e che quello del figlio a così tanta distanza di tempo, nonostante l’area, una volta inquadrata, fosse abbastanza circoscritta. Sono emersi video che sottolineano questa superficialità nelle ricerche. L’altro elemento importante, conseguente a questo, è che il passaggio eccessivo di tempo ha causato notevoli difficoltà nella ricostruzione della vicenda, non avendo a disposizione materiale per gli esami autoptici, considerata la condizione dei corpi, per troppi giorni in balia di animali selvatici e agenti esterni“. E’ quanto dichiara all’Adnkronos Marino D’Amore, criminologo e docente all’università Niccolò Cusano. “Ora la causa più accreditata è che, durante l’incidente, Gioele abbia riportato ferite che lo hanno portato alla morte e che la madre, già affetta da depressione, in preda a una disperazione totale, trovandosi anche sola, abbia poi attuato il suicidio. Non credo più alla sindrome di Medea, al fatto che lei abbia ucciso il figlio per far dispetto magari al marito. Ma restano tanti punti interrogativi – aggiunge perché ha fatto così pochi chilometri di autostrada? Perché dopo l’incidente ha lasciato la macchina e se n’è andata? Perché, soprattutto, si è inoltrata nel bosco? Paradossalmente, con tutti i dubbi del caso, sembra essere più chiara la causa della morte che la dinamica che ha portato poi a quell’epilogo e credo purtroppo che, alla luce di questi ritardi e di questa superficialità, la dinamica verrà ricostruita molto difficilmente. Non vedo soluzione per gli inquirenti. Non ci sarà mai la certezza, è possibile fare delle ipotesi credibili ma da qui a dare una tesi definitiva sulla dinamica è dura”.

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