Coronavirus, geloni, eruzioni e lesioni: la pelle può dirci molto, forte legame tra sintomi e patologie

Il siciliano Andrea Ingegneri, specialista dell’Università di Pisa, spiega l’importanza di non sottovalutare lo spettro sintomatologico della cute, in particolare geloni, lesioni vasculitiche ed eruzioni vescicolari
MeteoWeb

Geloni, eruzioni vescicolari e maculo-papulari, lesioni orticariodi e vasculitiche sono alcune delle manifestazioni cutanee associate al Covid-19: uno spettro sintomatologico che, secondo gli esperti, non deve essere sottovalutato perché può offrire importanti informazioni e rappresentare un indice diagnostico, prognostico e terapeutico. Con l’imminente riapertura della scuola e delle attività autunnali si teme infatti un aumento dei casi di covid-19. “In questi ultimi mesi si è abbondantemente parlato dei tradizionali sintomi che fanno sospettare la sindrome da coronavirus – spiega Andrea Ingegneri, siciliano, specialista in dermatologia dell’Università di Pisa – tutti conosciamo i segnali della sindrome simil-influenzale quali febbre, rinofaringite, dispnea, tosse secca, perdita del gusto e dell’olfatto, cui poi possono seguire complicanze come la bronco-polmonite, ma non teniamo in considerazione “allarmi” parimenti significativi che la cute può fornirci”.  Appare forte infatti la connessione tra sintomi ed evoluzioni di alcune patologie nel caso di contagio da covid-19, che la comunità scientifica ha approfondito durante l’emergenza e adesso è possibile analizzare dati, numeri e percentuali che evidenziano le alterazioni consequenziali e tipiche della malattia e diventano prezioso e imprescindibile bagaglio scientifico nel contrasto al virus.

Secondo i riscontri documentati e pubblicati su autorevoli riviste sono in particolare cinque le patologie cutanee d’interesse: geloni (20% dei casi), legati a forme lievi e solitamente colpiscono i soggetti giovani; eruzioni vescicolari (10%) spesso pruriginose, localizzate specie sul tronco e che si manifestano nelle viropatie di media gravità con durata di circa 10 giorni (prevalentemente nelle persone tra 40-50 anni); lesioni orticarioidi (20%), associate spesso al prurito, con durata media di 6-8 giorni (solitamente nelle forme più gravi); eruzioni maculo-papulari, perifollicolari (nel 45% dei casi più gravi); lesioni vasculitiche (5%) per alterazione dei vasi sanguigni e manifestazioni livoidali e/o necrotiche sono, invece, più frequenti negli over 65. “Tutti questi sintomi – evidenzia Ingegneri – possono comparire in diversi momenti della malattia, anche in associazione, e sono correlati alla diversa gravità, durata e forse a differenti significati prognostici”. Nel caso in cui un soggetto lamenta sintomi influenzali, possono apparire anche: geloni Atipici, i cosiddetti «alluci da COVID», le dita dei piedi e delle mani possono gonfiare e diventare cianotiche come fossero geloni (si tratta di un’acrocianosi riconducibile ad un processo vasculitico, segno tipico del virus); lesioni orticarioidi, vescicole simil varicella, eruzioni eritematose a rush-like, eritema polimorfo, manifestazioni comuni ad altre infezioni virali, prevalentemente disposte sul tronco, non pruriginose e indipendenti dalla gravità della malattia.

I giovani sono poco colpiti o spesso asintomatici, rappresentando un rischio in quanto contagiosi; c’è differenza fra segni cutanei sicuramenti riferibili al covid-19 e quelli sospetti perché in soggetti pauci o asintomatici. Nell’infezione certa sono possibili rush cutanei diffusi (simili al morbillo o orticarioidi) in concomitanza a sintomi respiratori o simil influenzali. Il problema dell’inquadramento diagnostico nasce dal fatto che l’eruzione cutanea spesso è autorisolutiva o fugace e che quadri simili possono essere anche causati da altri fattori (ad es. farmaci). Le lesioni cutanee compaiono solitamente quando i sintomi generali sono scarsi o assenti, quindi si tratta di segni isolati, unici ed iniziali e perciò possibili spie dell’infezione. Si può ritenere che siano segni indiretti dell’infezione virale mediante meccanismi di reazione immunologica il cui target è il microcircolo cutaneo, com’è stato di recente confermato anche da accurate indagini istopatologiche. Infine, secondi recenti studi emersi in occasioni di congressi, l’ipotesi attuale è che queste manifestazioni cutanee sarebbero una conseguenza indiretta del coronavirus, che avverrebbe tramite una reazione immunologica a carico del microcircolo cutaneo. Inoltre concorrerebbero nella loro formazione, l’immunità, l’infiammazione e l’alterazione della coagulazione. “Per quanto finora conosciamo – conclude Ingegneri – si può ritenere che si tratti di lesioni sostanzialmente benigne e che tendono a risolversi nel giro di 10-15 giorni. Perciò non gravi sotto il profilo clinico, ma possibili e preziose spie dell’avvenuto contagio e quindi utilizzabili, oltre che per una diagnosi precoce, anche per una migliore valutazione prognostica e un più efficace approccio terapeutico”. In tale ottica l’ADOI (Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica) ha diffuso uno schema pratico di differenziazione fra le manifestazioni cutanee nei soggetti sintomatici e in quelli asintomatici, che certamente è d’immediata comprensione e utile impiego clinico.

Condividi