Correlazione fra emissioni di CO2 e sismicità in Appennino

Per poter meglio investigare le relazioni fra emissioni di CO2 e terremoti abbiamo bisogno di serie temporali lunghe e campionamenti frequenti
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Nel lavoro “Correlation between tectonic CO2 Earth degassing and seismicity is revealed by a 10-year record in the Apennines, Italy” (Science Advances, https://advances.sciencemag.org/content/6/35/eabc2938) ricercatori dell’INGV e dell’Università di Perugia confrontano due serie di dati relativi ad un periodo di 10 anni raccolti negli Appennini Centrali (2009-2018): la sismicità (numero e magnitudo dei terremoti, http://terremoti.ingv.it/) e dati di emissione di CO2 d’origine profonda (CO2 “tettonica” perché relativa ad un’ area simicamente attiva). L’emissione di CO2 interessa una superficie di 700 km2, che corrisponde all’estensione dell’ acquifero che alimenta le grandi sorgenti presenti nella valle del Velino. L’area è adiacente a quella dei terremoti catastrofici dell’Aquila (Aprile 2009), di Amatrice (Agosto 2016) e di Norcia (Ottobre 2016).

Il risultato più importante del lavoro è che l’emissione di CO2 “tettonica” aumenta all’aumentare del numero e della magnitudo dei terremoti, per poi diminuire quando gli eventi sismici diminuiscono in numero ed energia (Figura 1). Si è dimostrato che la correlazione tra sismicità e rilascio di CO2 è statisticamente significativa e questo suggerisce una relazione causale fra due processi apparentemente indipendenti.

L’emissione di CO2 “tettonica” è stata quantificata con analisi chimiche ed isotopiche delle acque di grandi sorgenti (da centinaia a decine di migliaia di litri al secondo), i cui bacini di alimentazione sono adiacenti alle aree dove si concentrano i terremoti. Attraverso un metodo messo a punto da ricercatori dell’INGV e dell’Università di Perugia, si riesce a determinare la concentrazione in acqua del carbonio che deriva dalla dissoluzione di CO2 “tettonica”, carbonio che è caratterizzato da valori isotopici differenti da quello di origine diversa. La concentrazione della CO2 “tettonica” moltiplicata per la portata delle sorgenti fornisce una stima del flusso di gas che entra negli acquiferi (Figura 1). Queste analisi possono essere eseguite se si hanno a disposizione campioni di acqua prelevati durante campagne ad hoc. Nel nostro caso i dati relativi a circa 20 campagne di campionamento sono stati analizzati presso laboratori di geochimica dei fluidi (laboratori dell’Osservatorio Vesuviano-INGV e dell’Università di Perugia). Per il tipo di determinazioni fatte, per i metodi computazionali utilizzati e per il lungo periodo d’osservazione il data set è da considerarsi unico al mondo.

I mass media internazionali e italiani (es. articolo sul New York Times, https://www.nytimes.com/2020/08/29/science/earthquakes-carbon-dioxide.html) hanno riportato i risultati principali di questa ricerca riferendosi in particolare alle novità dei risultati: la correlazione temporale fra terremoti ed emissione di CO2, ben documentata in un lungo periodo (Figura 1), e le grandi quantità di CO2 ‘tettonica” coinvolte nel processo.

La possibilità di evidenziare una correlazione temporale è stata la motivazione principale della ricerca, in quanto la correlazione spaziale fra i due processi era già nota dalla fine degli anni 70, quando Barnes et al. (1978) per la prima volta dimostrarono come le emissioni di CO2 “tettonica” caratterizzano le zone sismiche di molte aree del nostro pianeta (Figura 2).

In Italia, in particolare, esiste una mappa molto dettagliata del processo di degassamento di CO2, anche questa realizzata da ricercatori INGV e Università di Perugia (Chiodini et al., 2004). Sempre nel 2004 usciva sulla rivista Nature un altro articolo scientifico che ipotizzava come gran parte dei terremoti della sequenza sismica Umbria-Marche del 1997-1998 fosse dovuto a fluidi ricchi in CO2 emessi da un serbatoio sotterraneo ad alta pressione (Miller et al., 2004).

L’altro risultato che ha destato interesse nella comunità scientifica internazionale è la grande quantità di CO2 “profonda” emessa durante i 10 anni d’osservazione: nel periodo sono state rilasciate più di 1.8 milioni di tonnellate di CO2, una quantità paragonabile a quella emessa da un vulcano attivo.
Ma quale è l’origine della CO2 tettonica? La catena degli Appennini si è formata a causa della subduzione della placca adriatica sotto il Tirreno. Nella subduzione, le rocce della placca adriatica, ricche in carbonati e soggette ad alte temperature, si fondono e rilasciano grandi quantità di CO2 (Frezzotti et al., 2009). Questo gas risale verso la superficie, si accumula negli strati più permeabili della crosta e viene disciolto dalle acque delle falde freatiche.

Questo lavoro ha dimostrato che per studiare il fenomeno fisico “terremoto” abbiamo bisogno di un approccio multidisciplinare in cui vanno integrati dati geochimici, geofisici e geodinamici. In futuro ci proponiamo di estendere il nostro dataset acquisendo dati da altri acquiferi presenti in Appennino. Per poter meglio investigare le relazioni fra emissioni di CO2 e terremoti abbiamo bisogno di serie temporali lunghe e campionamenti frequenti. Nell’ambito del progetto triennale FURTHER recentemente approvato e finanziato dall’INGV e coordinato da Francesca Di Luccio, eseguiremo delle campagne di misura anche in Appennino meridionale, in particolare negli acquiferi del Sannio-Matese e del Pollino anch’essi ubicati in zone sismiche.

A cura di Giovanni Chiodini, INGV Bologna.

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