Coronavirus, Boccia: “possibili lockdown mirati, l’onda va fermata”, ma nessun confronto con marzo e aprile

"È sbagliato paragonare i numeri di oggi a quelli di marzo e aprile. I ricoverati nei reparti e nelle terapie intensive attualmente sono distribuiti su tutto il territorio nazionale"
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Non siamo al semaforo rosso. Ma, insomma, e’ scattato il giallo” e “se si dovessero riempire gli ospedali potrebbero tornare le limitazioni alla liberta’ personale, magari in zone ben determinate e non generalizzando“. In un’intervista a la Repubblica il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia avverte che “l’epidemia non e’ un numero, ne’ un algoritmo ma una tendenza. Il trend e’ al rialzo costante in ogni parte del mondo e adesso sta accelerando anche da noi. Siamo all’ondata di autunno”. Pertanto va affrontata “senza panico ma con serieta’ e determinazione”, tuttavia “e’ in gioco la sicurezza nazionale in due degli aspetti piu’ rilevanti: la salute dei cittadini con la tenuta del sistema sanitario e la sopravvivenza dell’apparato produttivo”. “Non mi sembrano cose da poco“, aggiunge Boccia.

Secondo il ministro “i contagi avvengono fuori. L’ondata e’ frutto della forte mobilita’ estiva quasi inevitabile e quando ci sono stati focolai sono sempre stati causati da leggerezza e mancato rispetto delle regole”, cosicche’ la proroga dello stato di emergenza “e’ la semplice constatazione che dinanzi all’aumento dei contagi servono risposte veloci. Il virus corre e non possiamo restare indietro. L’Italia si e’ salvata dalla catastrofe grazie alla tempestivita’ degli interventi adottati. Lo dice tutto il mondo, a partire dall’Oms” ma ora “l governo sta studiando misure che alzino il livello di attenzione e precauzione. Speriamo che possano servire a contenere l’ondata”.

Antonelli: ‘Sbagliati paragoni con marzo e aprile, epidemia sotto controllo’

È sbagliato paragonare i numeri di oggi a quelli di marzo e aprile. I ricoverati nei reparti e nelle terapie intensive attualmente sono distribuiti su tutto il territorio nazionale. Ad aprile e marzo erano concentrati negli ospedali del nord e noi non eravamo preparati come adesso”. Lo afferma in una intervista sul Corriere della Sera Massimo Antonelli, direttore dell’unità di anestesia e rianimazione al Policlinico Gemelli, componente del Comitato tecnico scientifico (Cts), e spiega: “I ricoverati nei reparti e nelle terapie intensive attualmente sono distribuiti su tutto il territorio nazionale. Ad aprile e marzo erano concentrati negli ospedali del nord e noi non eravamo preparati come adesso. C’è ancora un’ampia disponibilità di posti in ospedale che ci consentono di non dover temere situazioni critiche immediate”. Antonelli spiega: “L’epidemia in Italia è sotto controllo anche se i numeri possono far immaginare un imminente pericolo. C’è allerta, non allarme”. Per quanto riguarda le terapie intensive “grazie al potenziamento della rete siamo passati da un rapporto di 12 letti ogni 100mila abitanti a 14 letti, quindi da 5.800 a 8.000, altri verranno aperti mettendoci in grado di sostenere l’urto attuale, specie con una salita della curva contenuta“. Dunque la crescita attuale è “per ora sostenibile, lenta, graduale e contenuta. Le prossime due settimane saranno molto significative per valutare l’impatto di ulteriori contagi legati alla riapertura delle scuole e al ritorno al lavoro in ufficio. Verificheremo la salita da qui a fine ottobre e avremo un quadro più preciso di cosa poterci aspettare in inverno”.

Per reggere all’epidemia “la risposta è solo una, con i comportamenti individuali che contano moltissimo. La mascherina è un’arma straordinaria, se usata correttamente. Il servizio sanitario può metterci tutte le forze ma senza il contributo dei singoli cittadini non si va da nessuna parte”. Sì all’obbligo di mascherina all’aperto: “è una garanzia, purché sia usata correttamente e non facendo finta – conclude – Tenerla sulla bocca scoprendo il naso non ha senso”.

 

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