Coronavirus, Ciceri (S. Raffaele): “I nostri super anticorpi forniscono un effetto protettivo, promessa anche per farmaci”

Direttore scientifico Irccs: "In nostri studi usato test speciale che può aiutare a identificare pazienti a maggior rischio"
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Uno studio dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano ha portato alla scoperta di super anticorpi, molto promettenti nella lotta al coronavirus SARS-CoV-2: la loro presenza è associata a una riduzione della mortalità di oltre il 60%. Fabio Ciceri, neo direttore scientifico dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e docente di ematologia e trapianto di midollo dell’università Vita-Salute San Raffaele, ha parlato all’Adnkronos Salute delle prospettive del nuovo studio su Covid-19 firmato da un team dell’Istituto e pubblicato sul ‘Journal of Clinical Investigation’.

“Abbiamo identificato una categoria di anticorpi con un effetto protettivo validato su un’ampia popolazione di pazienti. Un percorso che vada verso la produzione di farmaci è proprio la via che si può aprire in questi casi. Lo sviluppo di un anticorpo monoclonale potrebbe essere dunque un’eventuale area di applicazione. Quanto identificato dal nostro test potrebbe essere potenzialmente più efficace considerando il livello di protezione dimostrato in clinica”, dice Ciceri.

Ma le implicazioni della ricerca – condotta all’interno del maxi studio clinico osservazionale su Covid-19 coordinato da Ciceri e da Alberto Zangrillo, prorettore dell’università Vita-Salute San Raffaele e direttore delle Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare – sono molteplici. “Il nostro test vede una classe di anticorpi diversa che gli altri test non vedono. Abbiamo potuto così studiare il profilo di un pannello di anticorpi contro il virus e in particolare definire due aspetti”. Il primo, elenca Ciceri, “è il target di questi anticorpi. Abbiamo visto che solo quelli che hanno una specificità, che sono rivolti contro una porzione della proteina ‘spike’ del virus, sono associati a un effetto protettivo e di riduzione della mortalità e della gravità della malattia”. Il secondo aspetto è che “nella cinetica dello sviluppo degli anticorpi, già i primi che si producono sono efficaci nel proteggere. E questa è una buona informazione anche in prospettiva vaccinale: è una speculazione, ma se il vaccino che arriverà riesce a evocare una risposta corretta, anche in prima battuta potrebbe essere protettivo”.

Questa ricerca, osserva il direttore scientifico del San Raffaele, “è il prodotto di un investimento in un’attività molto importante: una biobanca. La conservazione di materiale dei pazienti Covid ricoverati in ospedale è partita nei primissimi giorni dell’emergenza a fine febbraio-inizio marzo. Ci ha permesso di raccogliere campioni da 1.300 pazienti circa in vari momenti della loro esperienza di malattia, dalla diagnosi al follow up. Abbiamo ‘bancato’ il 90% dei nostri malati Covid”. La tecnica utilizzata dagli esperti “potrebbe servire anche a selezionare i pazienti a maggior rischio di esiti severi. La settimana scorsa è stato pubblicato su Science un lavoro, a cui è stato dato un contribuito dallo stesso laboratorio del nostro Irccs, in cui si descrivono degli anticorpi anti-interferone di tipo I come meccanismo di fatto associato a un peggiore risultato clinico dei pazienti. In altre parole nelle persone che hanno sviluppato questi anticorpi si neutralizza l’effetto importante dell’interferone di tipo I come antivirale diretto e come stimolo della risposta immunitaria specifica. Quello che nella pratica stiamo cominciando a fare – conclude Ciceri – è di testare i pazienti alla diagnosi per verificare l’eventuale presenza di questi anticorpi e nel caso si rivelino positivi riservare a questa fascia ad alto rischio di evoluzione negativa un approccio terapeutico più aggressivo”.

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