Coronavirus, il virologo Crisanti: “Contact tracing? Meglio fare tamponi a tappeto”

"Invece di basarci sul ricordo della singola persona per ricostruire ex post i possibili contatti il network testing decide di testare a tappeto tutti gli appartenenti a questi spazi di interazione: famiglia, amici, compagni di scuola, colleghi di lavoro"
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“Il contact tracing è senza dubbio uno strumento di gestione della pandemia, ma presenta alcuni limiti: risorse enormi da mettere in campo e soprattutto scarsa affidabilità della memoria dei singoli nel ricostruire i propri contatti risalendo ai 5 giorni precedenti la scoperta della positività, tempo di incubazione e successiva manifestazione degli eventuali sintomi. Sfuggono alle maglie di controllo diversi ambienti di interazione e questo lo rende a volte meno efficace nell’identificazione tempestiva dei casi, con il conseguente isolamento per circoscrivere i focolai. L’alternativa più efficace è il network testing”. Lo ha detto Andrea Crisanti, Professore di Microbiologia all’Università di Padova, alla terza giornata del Festival della Scienza Medica di Bologna.

“Invece di basarci sul ricordo della singola persona per ricostruire ex post i possibili contatti – ha aggiunto – il network testing decide di testare a tappeto tutti gli appartenenti a questi spazi di interazione: famiglia, amici, compagni di scuola, colleghi di lavoro. In questo modo si possono isolare tempestivamente anche gli asintomatici, che abbiamo scoperto avere una carica virale assimilabile a quella del soggetto malato, isolarli e spegnere sul nascere la possibile trasmissione ulteriore”.

“L’implementazione del network testing, la somministrazione di tamponi su larga scala, ma soprattutto la corretta e tempestiva somministrazione dei test è l’arma ad oggi più efficace che abbiamo per proseguire su una strada che sta portando qui da noi ad ottimi risultati” conclude Crisanti, che nella sua Università sta sperimentando il test sublinguale.

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