Che fine ha fatto l’app Immuni? Annunciata come pilastro per contenere l’epidemia, si è rivelata un flop

Immuni è nata tra le polemiche: pochi download, difficoltà per Asl e medici e una cattiva comunicazione ne hanno determinato il fallimento
MeteoWeb

Che fine ha fatto Immuni, l’app che lo scorso maggio e’ stata annunciata come uno dei pilastri per combattere la pandemia di coronavirus in Italia? Tra le semplici regole da rispettare per contrastare la diffusione del contagio, neanche il premier Conte non la include nel suo tweet del 28 ottobre. “Indossa la mascherina. Mantieni la distanza. Lava spesso le mani. Seguiamo queste tre semplici regole. Questa battaglia si vince con l’impegno di tutti”, si legge nel tweet con un’immagine che riporta i tre consigli: ma nessuna traccia di Immuni.

L’app sembra non interessare piu’ a nessuno. E’ gradualmente sparita dalla strategia comunicativa del Governo. È facile notare come Conte non abbia parlato di Immuni in nessuna delle occasioni in cui ha presentato i nuovi dpcm anti-Covid. Il fallimento dell’app indica che qualcosa non ha funzionato.

I numeri di Immuni

app immuniScelta il 19 aprile scorso tra 319 progetti analizzati da 79 membri di una task force, Immuni e’ stata lanciata in via sperimentale in 7 regioni lo scorso giugno. Dopo quindici giorni e’ stata estesa a tutta Italia. A cinque mesi dal lancio (dati al 31 ottobre) e’ stata scaricata 9.505.834 volte (circa il 12% degli smartphone in Italia, esclusi quelli in possesso da minori di 14 anni), ha raccolto i dati di 1.926 utenti positivi e inviato 49.916 notifiche. Numeri che impallidiscono davanti ai contagi che ogni giorno si registrano in Italia e che ormai si aggirano intorno a quota 30.000. Ora che ce ne sarebbe piu’ bisogno, Immuni e’ diventata un oggetto misterioso.

Per capire i numeri di Immuni, basta fare il paragone con la Germania, dove è stata sviluppata e adottata l’app di contact tracing CoronaWarn. Secondo gli ultimi dati disponibili (23 ottobre) l’app e’ stata scaricata 20,3 milioni di volte, ossia piu’ del doppio di Immuni. Grazie alle notifiche inviate dall’app tedesca, sono stati effettuati 2.092.722 tamponi. Questo dato non e’ condiviso dal governo italiano, ma a fronte delle 49 mila notifiche inviate e’ presumibile che siano molti di meno quelli fatti in Italia su indicazione di Immuni.

Cosa non ha funzionato?

APP IMMUNIL’app e’ nata da una collaborazione tra ministero dell’Innovazione e quello della Salute. Il primo si e’ occupato di realizzare l’app. Il secondo di usarla sul territorio a supporto del contact tracing delle Asl. Il Mid ha affidato lo sviluppo dell’app a una societa’ milanese, Bending Spoons, che ha lavorato gratis e ceduto ogni diritto al governo. Oggi la gestione e’ in mano alle pubbliche Sogei e PagoPa. Il dicastero guidato da Paola Pisano ha scelto quello che per gli esperti della sua task force era il prodotto migliore, poi legato a un protocollo internazionale: quello nato da un’inedita collaborazione tra Apple e Google. Al netto di qualche prevedibile bug, l’app e’ sembrata solida dal punto di vista tecnico. Ce n’e’ ancora uno irrisolto, e lo ha rivelato un’inchiesta di Wired: ad alcuni utenti che l’hanno scaricata su iPhone le notifiche di esposizione non arrivano e per accorgersi se sono stati in contatto con un contagiato, devono entrare nell’app. Un problema non da poco, ma pare in via di risoluzione.

Il ruolo delle Asl

Per fare in modo che partano le notifiche dell’app, chi ha scaricato Immuni deve prima sviluppare i sintomi, poi fare un tampone, riceverne il risultato, contattare il proprio medico curante, la Asl, e aspettare che un operatore sanitario carichi i codici sui server centrale. Da li’ partono le notifiche attraverso i codici scambiati via bluetooth dai dispositivi. Sembra che tutto questo mondo fatto di Asl, rapporto stato-regioni e medici di base abbia bocciato l’app. Nelle ultime settimane, sono state pubblicate decine, centinaia di interviste a pazienti che avevano Immuni ma non sono riusciti a caricare i codici che avrebbero permesso l’invio delle notifiche. Le Asl sono sembrate spesso impreparate. Molti operatori e medici di base non sapevano come procedere dal punto di vista tecnico.

coronavirus tamponeChi riceve una notifica di esposizione, da protocollo dovrebbe: contattare telefonicamente il proprio medico di base, aspettare indicazioni da lui o dalla Asl di competenza, rimanere in casa per 14 giorni nella speranza che in quel lasso di tempo gli venga fatto una tampone. Perche’ nella circolare del ministero non vengono mai menzionati i tamponi in relazione alle notifiche dell’app. In questo quadro, cio’ che e’ mancato e’ un apparato di tracciatori in grado di ricevere e analizzare le segnalazioni, e agire di conseguenza. Senza operatori (contact tracer) che sappiano cosa fare, come attivare agli utenti la notifica via app, e senza tamponi immediati, coi dati raccolti ci si puo’ fare poco. Il problema sembra essere tra governo centrale e regioni, che sono le titolari delle aziende sanitarie locali. Nel decreto Ristori il ministero della Salute ha provato a metterci una pezza istituendo un call center nazionale di supporto a chi ha ricevuto notifiche di esposizione da Immuni e l’obbligo per le Asl di caricare i codici dei positivi.

Una app nata tra le polemiche

All’insuccesso dell’app, ha contribuito anche la comunicazione. Immuni è nata tra le polemiche e molti politici, hanno apertamente ammesso che non l’avrebbero scaricata. Prima ancora del suo lancio, su Immuni si erano espressi i principali leader del centrodestra, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, che hanno accusato l’app di tracciare i cittadini italiani e raccogliere dati sensibili processabili da privati, o potenze straniere. Il 24 giugno, quando l’app c’era già, Meloni invitava gli italiani a non scaricarla. Subito dopo Salvini rivendicava la scelta di non averla sul proprio smartphone e poi arrivavano anche i dubbi di Forza Italia e di alcuni sindaci, come quello di Napoli, Luigi De Magistris che ci tiene a precisare subito di non avere alcuna intenzione di scaricare l’app, e da governatori come quello del Veneto, Luca Zaia, che ha affermato: “Non la scarico”. A poco sono servite le rassicurazioni arrivate dal garante della privacy dopo le indagini svolte sul funzionamento dell’app.

E’ sicura, scaricatela“, diceva, invece, il premier Conte. A fine giugno, l’app era stata scaricata da 4 milioni di Italiani: un numero insufficiente, come denunciato dal commissario straordinario all’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri e dalla societa’ che l’ha costruita. Il 23 luglio, Pisano durante un question time al Senato spiega: “Non ho mai detto che l’app sia la soluzione, e’ parte di una strategia”. Il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, intervistato il 31 agosto definisce l’app un “flop“. Sette giorni dopo il ministro della Salute, Roberto Speranza, parla ancora di fallimento, ma punta il dito sulla comunicazione “sbagliata fin dall’inizio”.

Tentativi di rilancio

Seguiranno settimane in cui il governo sembra spingere su Immuni. L’operativita’ dell’app, che in un primo momento vedeva come termine ultimo il 31 dicembre 2020, viene estesa di un anno. I download arrivano a 8 milioni. Aumentano gli inviti, a tutti, di scaricarla, tanto che ai primi di ottobre Conte parla di “obbligo morale di scaricare Immuni“. Qualche giorno dopo il capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, chiede che l’app sia resa obbligatoria ma le indicazioni che il Garante della Privacy ha dato a giugno sono chiare e vengono ribadite: non si puo’ imporre l’obbligo di download.

Dalla meta’ di ottobre, la seconda ondata di casi prende vigore. Ma mentre i contagi aumentano di giorno in giorno, l’app non riesce a tenere il passo; le notifiche sono sempre poche e l’app comincia a essere additata come strumento inutile. Conte non la cita in nessuna delle sue ultime conferenze stampa in cui ha spiegato le misure restrittive e anti contagio a cui sarebbe andato incontro il nostro Paese. Il decreto Ristori provera’ a invertire la rotta affiancando il call center all’obbligo per le Asl di caricare i dati sui server. Ma non e’ detto che questa mossa riuscirà a risollevare le sorti della tanto discussa app di contact tracing.

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