Era l’8 dicembre 1980 quando John Lennon veniva ucciso con quattro colpi di pistola alla schiena. Ricorre oggi il 40esimo anniversario del tragico assassinio del cantante britannico.
Cosa accadde quel giorno?
John Lennon morì tra le braccia della moglie, ucciso da quattro colpi di pistola alla schiena, davanti al portone del lussuoso palazzo in cui risiedeva, nella 72ª strada, nell’Upper West Side di New York. Ad uccidere Lennon fu Mark David Chapman, che dopo aver sparato a Lennon non scappò subito, ma si mie a leggere “Il Giovane Holden”. “Lo sai che cosa hai fatto?“. “Sì, ho appena sparato a John Lennon“, fu questa la risposta dell’assassino di Lennon al custode del Dakota Building.

foto Keystone-Getty Images
La sera dell’8 dicembre, quando Lennon uscì di casa, Chapman era già lì, gli strinse la mano e si fece firmare un autografo proprio sulla copertina di ‘Double Fantasy’. La scena fu anche immortalata dal fotografo Paul Goresh. Ma la missione di Chapman non si era conclusa: l’assassino attese Lennon sotto al palazzo per circa quattro ore. E alle 22.52, vedendo il musicista rientrare insieme alla moglie, gli sparò contro cinque colpi di pistola: quattro lo colpirono alla schiena e uno lo trapassò all’altezza dell’aorta. La situazione apparì talmente grave agli agenti che arrivarono sul luogo del delitto, da caricarlo sull’auto della polizia per non aspettare l’ambulanza. Lennon fu portato al vicino Roosevelt Hospital ma fu dichiarato morto alle 23.07. Chapman fu arrestato senza opporre resistenza. E si capì abbastanza presto, nonostante i complottisti, che il suo era stato il gesto di un folle.
Chi era John Lennon?

foto Keystone-Getty Images
Cantautore, polistrumentista, paroliere, attivista, attore cinematografico e regista, dal 1960 al 1970 fu compositore e cantante dei Beatles. Lennon non era solo il fondatore di un gruppo che aveva segnato un’epoca nella musica, nel costume, nella moda e nella pop art, incidendo 186 brani quasi tutti di successo, ma l’artista e attivista che nei poco più di dieci anni da solista, dal 1969 (anche se i Beatles si sciolsero ne ’70), aveva continuato a catalizzare l’attenzione del mondo con brani come ‘Give Peace a Chance’ e ‘Imagine’, diventati inni internazionali e immortali del movimento pacifista. Dopo lo scioglimento dei Beatles, infatti, Lennon continuò la sua carriera da solista, portando avanti la sua attività da attivista politico e paladino del pacifismo. Questa sua esposizione gli causò diverse problematiche con le autorità statunitesi, che spiarono il cantante e la moglie Yoko Ono a lungo. Proprio per questo motivo in tanti urlarono al complotto dopo il suo assassinio. La ricostruzione di quell’omicidio è stata oggetto di film e libri e di infinite ipotesi di complotto, comprese alcune che vedevano la Cia dietro l’uccisione. Le teorie poggiavano sul fatto che l’Fbi effettivamente spiava Lennon e la moglie per le loro simpatie di sinistra e il loro impegno antimilitarista e contro la guerra del Vietnam.
Perchè Chapman compì quel folle gesto
“Mi sembrò l’unico modo per liberarmi dalla depressione cosmica che mi avvolgeva. Ero un nulla totale e il mio unico modo per diventare qualcuno era uccidere l’uomo più famoso del mondo, Lennon. A otto anni ammiravo già i Beatles, come tanti altri ragazzini. Ma non ho mai pensato che Lennon fosse mio padre. E si sbaglia anche chi sostiene che mi credevo ‘il vero Lennon’ o che lo amavo alla follia. Mi sentivo tradito, ma a un livello puramente idealistico. La cosa che mi faceva imbestialire di più era che lui avesse sfondato, mentre io no. Eravamo come due treni che correvano l’uno contro l’altro sullo stesso binario. Il suo ‘tutto’ e il mio ‘nulla’ hanno finito per scontrarsi frontalmente. Nella cieca rabbia e depressione di allora, quella era l’unica via d’uscita. L’unico modo per vedere la luce alla fine del tunnel era ucciderlo“, ha raccontato in una famosa intervista.
L’assassino di Lennon fu accusato di omicidio di secondo grado e fu condannato alla reclusione da un minimo di 20 anni al massimo dell’ergastolo. Chapman ha trascorso i primi 30 anni di reclusione nel carcere di Attica, nel 2000 ha chiesto la scarcerazione sulla parola, ma gli venne rifiutata e nel 2012 fu trasferito nel carcere di Wende. Negli ultimi 8 anni ha chiesto più volte la libertà condizionata, senza successo poichè il suo rilascio viene considerato “incompatibile con il benessere della società“.