Le montagne ospitano circa la metà degli hotspot di biodiversità del mondo e anche un crescente numero delle persone più affamate del mondo, secondo un nuovo studio lanciato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e partner in occasione della Giornata Internazionale della Montagna. Lo studio, condotto da FAO, Mountain Partnership Secretariat (MPS) e United Nations Convention to Combat Desertification (UNCCD), mostra che il numero di persone che vivono in montagna vulnerabili all’insicurezza alimentare nei Paesi in via di sviluppo è aumentato da 243 a quasi 350 milioni tra il 2000 e il 2017.
La Giornata Internazionale della Montagna di quest’anno evidenzia il valore sociale, economico ed ecologico della biodiversità della montagna, considerando che le montagne rappresentano il 30% delle aree chiave di biodiversità sul pianeta. Le montagne forniscono tra il 60 e l’80% dell’acqua dolce del mondo, che è essenziale per l’irrigazione, l’industria, la produzione di cibo ed energia e il consumo domestico. Anche molte delle colture e delle specie di bestiame più importanti del mondo hanno origine nelle aree montane e sono fonte di cibo e medicine.
Lo studio ha svelato che gli ecosistemi di montagna stanno diventando sempre più fragili, sotto la pressione dei cambiamenti nell’uso della terra e dei cambiamenti del clima, sfruttamento eccessivo, inquinamento, cambiamenti demografici e altri fattori che minacciano mezzi di sussistenza e sicurezza alimentare. “La vulnerabilità all’insicurezza alimentare per le persone che vivono in montagna nel mondo in via di sviluppo è aggravata dalla presenza e dal verificarsi di pericoli naturali e conflitti armati che interrompono i mezzi di sussistenza o mettono a dura prova le risorse naturali da cui dipendono le persone di montagna”, conclude lo studio.
La ricerca fa anche notare che il degrado ambientale influenza la gente di montagna in maniera sproporzionata. I cambiamenti climatici hanno aumentato il degrado degli ecosistemi di montagna e l’incidenza dei pericoli naturali, come frane e siccità. Si stima che circa 275 milioni di persone rurali vulnerabili all’insicurezza alimentare vivano in aree di montagna che sono già state colpite da pericoli naturali. La pandemia di COVID-19 ha aggiunto urgenza ad una situazione già difficile, poiché le restrizioni imposte dai vari Paesi hanno amplificato le vulnerabilità delle comunità di montagna che dipendono dall’agricoltura e dal turismo per la loro sopravvivenza.
“Una persona su due che vive in montagna nei Paesi in via di sviluppo non ha abbastanza cibo da vivere una vita sana e ora affronta l’impatto della pandemia di COVID-19. Dobbiamo proteggere le nostre montagne e i mezzi di sussistenza di coloro che ne dipendono”, dice Maria Helena Semedo, vice direttore generale della FAO. Lo studio raccomanda l’azione urgente per affrontare i cambiamenti climatici ed eliminare l’insicurezza alimentare e la malnutrizione nelle aree di montagna. Richiede politiche per migliorare la resilienza degli ecosistemi di montagna e promuove sistemi alimentari sostenibili che supportano l’innovazione, la ricerca e il coinvolgimento delle comunità. “L’obiettivo di questo studio è esortare i decisori politici e altri soggetti interessati a rafforzare l’azione cooperativa per ridurre la vulnerabilità delle persone di montagna, in particolare le comunità locali e le popolazioni indigene, e dei più vulnerabili tra loro, spesso donne e bambini”, evidenza lo studio.