Il 1° dicembre 1955 Rosa Parks, con un gesto simbolico disse di “no” alle leggi segregazioniste degli USA degli anni 50 e diede una svolta alla lotta per i diritti civili che avrebbe portato all’approvazione del Civil Right Act del 1964.
La storia di Rosa Parks
È il primo dicembre 1955 e la sarta 42enne Rosa Parks, terminata la sua giornata lavorativa si accingeva a prendere l’autobus 2857 di Montgomery in Alabama, diretta versa la propria casa. Sceglie di sedersi in una delle file centrali perché quelle riservate a chi, come lei, aveva la pelle nera erano tutte occupate; quando il conducente reclama il posto per un passeggero bianco come imposto dalle norme vigenti lei dice saldamente che non intende alzarsi.
La storia necessita, però, di alcune precisazioni. Già in precedenza qualcun’altro aveva detto quel no: Claudette Colvin, una studentessa di 15 anni, si era rifiutata di alzarsi per far sedere una donna bianca appena nove mesi prima e il suo gesto di insofferenza le era costato la prigione.
La troppo giovane e troppo incinta Claudette fu messa da parte dai leader del Women’s Political Council e della National Association for the Advancement of Couloured People che già da tempo meditavano un boicottaggio dei mezzi di trasporto pubblico. Ma Claudette entrò anche nell’oblio che la storia riserva a coloro che non sono i protagonisti di primo piano, sorte che toccò, invece, alla consapevole Rosa.
Rosa McCauley era moglie di Raymond Parks, un barbiere membro del movimento per i diritti civili e di cui aveva spostato anche l’attivismo politico. Rosa Parks era una personalità inattaccabile, una figura non divisiva, in grado di muovere a empatia sia neri che bianchi, che si adeguava con disinvoltura ai costumi morali dell’epoca e che per di più studiava e si presentava come moralmente ineccepibile.
Fu dunque il “no” di Parks che entrò nella memoria collettiva, poiché al suo venne dato il risalto mediatico utile allo scopo del movimento e a quel rifiuto fece seguito un boicottaggio dei mezzi pubblici che sarebbe durato 381 giorni, costringendo nel 1956 la corte suprema a dichiarare incostituzionale il regime segregazionista sugli autobus.
Divenne eroico quel gesto che si ribellava contro quella politica che nelle regioni meridionali degli USA era un’eredità dello schiavismo in vigore fino alle fine della guerra civile nel 1865. In quel Sud profondamente e radicalmente razzista presero forma alcune norme locali, le leggi Jim Crow (nome dispregiativo con cui erano indicati gli afroamericani) e che con la locuzione “separate but equal” pretendevano di considerare innocuo o addirittura auspicabile un sistema in cui i neri erano confinati non solo sui mezzi di trasporto ma in tutti i luoghi pubblici.
Quel feroce razzismo che era un’esperienza quotidiana sin dalla più tenera età fu impugnato dal movimento per i diritti civili, che scelse un modello di lotta non violento ispirato all’esempio di Gandhi e scelse Rosa Parks come paladina di quella resistenza passiva che avrebbe avuto la forza di cambiare il mondo.
La battaglia per i diritti civili
La battaglia più difficile che gli Stati Uniti d’America dovettero affrontare a metà del secolo scorso fu quella per l’emancipazione degli Afroamericani.
Nel 1954 una fondamentale sentenza della corte suprema aveva dichiarato illegale la segregazione nelle scuole e agli inizi degli anni Sessanta, il movimento per i diritti civili era entrato in una fase decisiva grazie a una molteplicità di fattori quali: un gruppo di personalità fra le quali spiccavano il reverendo Martin Luter King e Malcom X che furono capaci di imporsi all’attenzione del Paese, ma anche una nuova sensibilità da parte dei giovani per i temi della società civile e della politica, nonché una crescente indignazione per i gravi episodi di intolleranza che pervadevano le strade dell’America.
In particolare, ebbero potente risalto gli attentati e i pestaggi dei Freedom Riders i “Viaggiatori per la libertà”, coloro che violavano le norme segregazioniste nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto negli Stati meridionali, dove già da tempo un’onda potente di sit-in diretti agli stessi obiettivi si diffondeva sempre più estensivamente e radicalmente.
Il presidente Kennedy che non prese posizione immediatamente fu spinto dall’incalzare delle proteste che culminarono nella marcia su Washington dell’agosto del 1963 e Kennedy ruppe gli indugi e spostò tutto il peso dell’amministrazione in appoggio a un’ampia proposta di legge sui diritti civili che venne approvata, però, solo dopo la sua prematura morte e grazie all’energica azione del fratello Robert.