Che la pandemia non ci avrebbe resi più buoni lo avevamo capito già da parecchio tempo. Ma che questo periodo difficile e ostico da affrontare avrebbe tirato fuori il peggio di noi, proprio non ce lo aspettavamo. Tutti si sono cimentati nell’interpretare le opinioni degli esperti; tutti si sono schierati a favore di questa o di quella teoria; tutti (o quasi) hanno deciso che il nemico da combattere non era solo il virus, ma anche chi la pensava diversamente su un dato argomento. Da marzo ad ora sono stati diversi i punti ‘caldi’ sulle quali si sono aperte discussioni politiche, che automaticamente sono diventati cari anche all’opinione pubblica, quanto mai divisa su ogni singolo tema. La scuola, tra questi, è forse quello che maggiormente vede posizioni nettamente contrapposte e in conflitto tra di loro.
La giornata di ieri, in particolare, è stata decisiva: il Consiglio dei Ministri riunitosi in serata e concluso ben oltre la mezzanotte, ha deciso che la scuola superiore non riprenderà il 7 gennaio, bensì l’11, ma solo al 50%. Elementari e medie, invece, riapriranno regolarmente giovedì 7. Il punto di incontro dell’11 gennaio per le scuole superiori è stato trovato in Consiglio dei Ministri dopo il confronto/scontro tra il Pd che chiedeva di rimandare al 15 e il Movimento 5 Stelle e Italia viva che chiedevano di ripartire già il 7 gennaio.
La domanda intorno alla quale ruota la discussione è una: la scuola è davvero così pericolosa? Da mesi la scienza dibatte in questo senso, ma per ora c’è un solo punto fermo: il rischio zero non esiste, nella scuola come in nessun altro ambiente sociale o di lavoro. Giusto ieri il segretario del Comitato tecnico scientifico, Fabio Ciciliano aveva precisato che la cosa più importante “non è tanto riaprire le scuole ma cercare di tenerle aperte. Rischiare di riaprire le scuole e doverle poi richiudere tra una decina di giorni o tra due settimane. E’ una cosa che il Paese non si può permettere perché sarebbe la testimonianza provata del fatto che i numeri stanno riaumentando”. Dunque, non una questione di pericolo concreto e reale, ma di numeri. A dimostrazione del fatto che a partire dal Comitato tecnico scientifico, le preoccupazioni e lo scetticismo legato al tasso di contagio non ancora esattamente sotto controllo, sono ancora tante
Dal canto suo, il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina è ferma nelle sue decisioni e non demorde, sebbene molte regioni, nel corso dei mesi, abbiano deciso autonomamente di chiudere le scuole, andando contro le disposizioni governative. Le ultime due, in questo senso, giusto ieri: Veneto e Friuli-Venezia Giulia, con due rispettive ordinanze regionali, sono andate in controtendenza: “C’è preoccupazione – ha detto il presidente veneto Luca Zaia -. L‘Italia è due settimane in ritardo sulla curva epidemiologica europea e questo ci espone a dei rischi. Per questo abbiamo deciso di firmare l’ordinanza per tenere le scuole in didattica a distanza al 100% anche a gennaio”. E così, in Friuli, il vicegovernatore con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, e gli assessori Alessia Rosolen (Istruzione) e Graziano Pizzimenti (Infrastrutture) annunciando un’ordinanza a firma del governatore Massimiliano Fedriga che prevede il rinvio dell’apertura delle scuole superiori successivamente al 31 gennaio. “Le scuole secondarie di secondo grado in Friuli Venezia Giulia rimarranno chiuse fino al 31 gennaio adottando al cento per cento la didattica digitale integrata. Una scelta di responsabilità, che tiene conto dell’andamento dei dati epidemiologici e assunta mantenendo un senso di lealtà istituzionale nei confronti del Governo, dal momento che è facoltà delle Regioni intraprendere misure più restrittive rispetto a quelle nazionali”.
Come ha spiegato la stessa Azzolina, il governo in realtà avrebbe voluto riaprire le scuole a dicembre, “ma abbiamo rimandato su richiesta delle Regioni. Poi avremmo voluto tornare al 75% e invece abbiamo accolto il suggerimento del 50%. Abbiamo collaborato: ora è arrivato il tempo di tornare in classe. La scuola è un servizio pubblico essenziale, non si può continuare a sacrificare i ragazzi né pensare che la didattica a distanza possa sostituire quella in presenza”. E nel caso aumentassero i contagi? Anche per questa evenienza Azzolina si dice decisa: “Tutte le decisioni richiedono la prudenza che finora ci ha guidati. Continueremo a seguirla. È chiaro però che se in questo momento sale la curva dei contagi non può essere colpa delle scuole superiori, visto che sono chiuse da due mesi“. Parole, queste ultime, che hanno fatto discutere ieri, ma che dopo le decisioni prese nella notte sono quasi cadute nel dimenticatoio.
Ma di tutto questo, gli insegnanti, cosa ne pensano? Se andiamo a vedere sui social, in particolare nei gruppi dedicati proprio ai docenti, il quadro non è dei migliori. Anzi, è alquanto desolante. Ovviamente non pensiamo che tutta la classe docente possa essere rappresentata dai commenti che abbiamo allegato a questo articolo e che potete vedere nella gallery scorrevole in alto, ma è ovvio che queste opinioni, che spesso travalicano i limiti dell’educazione e dell’ignoranza, restituiscono un’immagine dei docenti che, per chi crede fermamente nella scuola e nella forza dell’istruzione, diventano desolanti. Tra i commenti pessimi ne abbiamo inserito altresì alcuni che ci infondono speranza: ci sono tanti insegnanti, magari che restano in silenzio, e che compiono il proprio lavoro con passione, come fosse una missione. Ma gli insegnanti che non comprendono come la DaD debba essere una soluzione d’emergenza e non la regola, e soprattutto una soluzione temporanea e non a lungo termine come si pretende in questo momento in Italia, sono il peggio che la nostra società potesse esprimere.
La Didattica a Distanza è un paracadute utile a salvare la scuola quando fuori c’è la tempesta, ma pretendere che sostituisca le lezioni in presenza finché il virus non sarà completamente debellato (forse mai), o pretendere che diventi la ‘nuova scuola’, non è da insegnanti. Insegnare è una vocazione, chi non c’è l’ha (come coloro che hanno postato molti dei commenti che potete vedere nella gallery), dovrebbe cambiare mestiere. Perché lo stipendio fisso piacerebbe a tutti. Ma insegnare è tutt’altro e prescinde da tutto questo.