L’infettivologo Massimo Galli ha fatto oggi il punto della situazione riguardo l’emergenza coronavirus, commentando in particolar modo la crisi di Governo: “Credo che questo sia l’ultimo dei momenti per mettersi a fare quello che sarà un ulteriore rallentamento delle cose. E’ evidente che la cosa peggiore possibile in una situazione emergenziale è avere una stanza dei bottoni depotenziata, dai poteri limitati e di conseguenza amputata nella sua efficienza. Qualcuno dice che il Governo attuale non è l’espressione migliore perché questa cosa venga fatta al meglio. Però la mia esperienza di persona che ha lavorato nel settore pubblico per tutta una vita mi porta ad affermare che, in determinate situazioni, i tempi e i modi di adeguamento legati ai cambiamenti rischiano di essere tali da rendere più pericoloso il cambiamento rispetto alla stabilità. E lo dico anche se non sono mai stato per il mantenimento a oltranza di nessuna cosa, anzi ho sempre avuto un forte interesse a possibilità migliorative e meritocratiche“, ha affermato l’infettivologo dell’ospedale Sacco e dell’università degli Studi di Milano all’Adnkronos.
“Qui ci sono delle decisioni fondamentali da prendere in termini di misure di restrizione dei movimenti da una parte, da accompagnare auspicabilmente con la campagna vaccinale più vasta possibile e con la campagna di diagnostica più vasta possibile. Queste sono le 3 cose che, messe assieme, potrebbero portarci in un periodo ragionevolemente breve fuori da questo maledetto guaio. Però bisogna avere anche gli attributi per farle. E magari bisogna essere capaci di ragionare – ma questo vale anche e soprattutto per le stanze dei bottoni periferiche, visto che gli interventi di tipo sanitario competono prevalentemente alle Regioni – mostrando un po’ meno sensibilità all’influenza di gruppi di interesse, lobby e quant’altro, che poi per certi versi fanno il loro stesso danno. Perché a furia di aprire e chiudere, di chiudere e aprire va male per tutti“, ha aggiunto.
Galli ha aperto poi una importantissima parentesi sui vaccini, soprattutto per quanto riguarda le persone che guarite dal Covid: “Io non ho notizie dirette perché non ho avuto direttamente casi di questo tipo, però cominciano a esserci delle segnalazioni di qualche effetto collaterale in più. Magari anche semplicemente disturbi nel sito di inoculo. Ma se uno ha già un’immunità attivata, e tu gli fai il vaccino” che gliela attiva ancora di più, “è più facile che a distanza anche di un tempo ragionevole ci sia un po’ di reazione, perché quella persona l’immunità attivata contro Sars-CoV-2 ce l’ha già“, ha affermato ancora. “La vasta maggioranza degli infettati che hanno avuto un’infezione da lieve a moderata, quindi la stragrande maggioranza di chi si ammala, manifesta la capacità di una robusta risposta anticorpale contro la proteina Spike del coronavirus; i livelli di anticorpi risultano stabili per almeno 5 mesi, e correlano significativamente con la neutralizzazione di virus Sars-CoV-2 reali. Più del 90% dei sieroconvertiti produce anticorpi neutralizzanti. Qualcuno che non li fa c’è sicuramente, ma se non li fa dopo l’infezione naturale non è neanche detto che li faccia dopo il vaccino“, ha aggiunto l’infettivologo facendo fede ad alcuni studi che analizzano la durata della risposta anticorpale anti-Covid nei pazienti guariti dall’infezione. Galli ha fatto riferimento ad un altro studio contoddo in Qatar su “133mila casi Covid, che non sono pochi“, secondo cui “la probabilità di reinfezione stimata è calcolata in uno 0,02%: una percentuale bassissima di persone, sicuramente al di là di ogni tentazione che porterebbe a sprecare milioni di dosi vaccinali“. Quante dosi si potrebbero risparmiare? “Almeno 4 milioni“, stima Galli calcolando gli oltre 2 milioni di italiani guariti che sanno di essere stati ammalati, più “altri 2 milioni” che hanno superato l’infezione senza nemmeno accorgersi di averla fatta.
“Qualcuno che va a vedere se magari hanno già gli anticorpi anti-Covid c’è mentre invece dalle parti nostre qualcuno ha deciso che non era importante farlo perché troppo scomodo”. Invece basterebbe “fare alla persona da vaccinare un test sierologico rapido, un pungidito a risposta immediata: se il test è negativo lo vaccini, se è positivo per ora non lo vaccini. Poi magari qualcuno non ha gli anticorpi anche se si è già ammalato e lo vaccineremo ugualmente, ma il concetto è di dare almeno una regolata generale al discorso. Visto che abbiamo 2 milioni e 200mila italiani che sono felicemente viventi e sono certi di avere avuto un tampone positivo quelli li metti in fondo alla lista e intanto vedi di saperne dei più, di avere dei dati prima di vaccinarli. Se uno parte sempre e soltanto da un’idea di medicina difensiva, pensando che ‘se io uno di questi non lo vaccino e poi sta male dicono che è colpa mia’, allora forse conviene ragionare sulla medicina difensiva da un altro punto di vista Perché se lo vaccino e poi ha una reazione avversa? Almeno per il vaccino di Pfizer, lo studio sul quale si è basata la sua approvazione dice chiaramente che erano escluse dalla sperimentazione le persone con una storia clinica di Covid. Il vaccino è stato fatto agli altri“, ha concluso Galli aprendo gli occhi a molti cittadini.