Una frana da un milione e mezzo di metri cubi incombe su Tavernola, località sulla sponda occidentale del Lago d’Iseo. E proprio il lago potrebbe rappresentare un grande pericolo nel caso in cui la frana si staccasse dalla montagna: se la frana dovesse entrare nel lago, il timore è che possa provocare un’onda anomala.
Sulla frana, che ha interrotto due strade provinciali e causato l’isolamento del centro abitato di Parzanica (anche se rimane la stradina del Col de Rù, poco praticabile perché piena di buche e sassi e molto scivolosa in caso di pioggia), si sa ancora poco e per questo continuano senza sosta i monitoraggi e le indagini. “Si tratta di una frana di scivolamento planare che interessa un versante con calcari marnosi stratificati a franapoggio, interessato da fronte di cava non più attivo, incombente sulla strada litoranea del Lago d’Iseo. Il volume mobilizzato è almeno 1,5 milioni di metri cubi. Attualmente la frana si muove a velocità pressoché costante di circa 2 cm/giorno ed è tenuta sotto controllo con un sistema di monitoraggio in tempo reale“, ha spiegato Nicola Casagli, geologo che sta seguendo la situazione. “Sono in corso modelli di scendimento della frana – prosegue il presidente dell’OGS di Trieste – per valutare se essa potrà entrare parzialmente nel lago e, nel caso, se potrà formare e propagare un’onda anomala. Proprio in considerazione di questo scenario di rischio è stato raccomandato alle autorità locali di mettere a punto piani speditivi di protezione civile sotto la regia delle Prefetture di Bergamo e di Brescia e dalla Regione Lombardia”.
Le prospettive
Un georadar tiene d’occhio il monte Saresano, registrando i suoi spostamenti nell’ordine del millesimo di millimetro. In caso di movimenti improvvisi o di caduta di materiale diramerà automaticamente l’allarme all’Unità di crisi della Protezione civile nazionale. La frana potrebbe scivolare o rotolare, potrebbe fermarsi nei piazzali della cementifera o finire nel lago. Se il rischio di uno tsunami su Montisola venisse considerato concreto, si potrebbe decidere di abbassare il livello del lago per ridurre l’ampiezza dell’onda.
Secondo i rilevamenti degli strumenti della cementeria Italsacci, i movimenti della frana ogni due giorni sono passati da 18,2 a 17,8 millimetri, ma non è possibile sapere se questo corrisponda a un rallentamento della frana o se si tratti di un caso. Secondo una stima, fra la cementeria e la montagna, c’è uno spazio di 250 metri per 200 per un volume, compresi gli edifici, di 4 milioni di metri cubi. Questo “bacino” dovrebbe essere sufficiente per accogliere e fermare la frana, ma solo se avvenisse per scivolamento, cioè scendendo compatta sullo strato inferiore. Se invece dovesse scendere per rimbalzo o rotolamento, i macigni potrebbero andare oltre gli edifici per finire sulla strada o nel lago.
Per limitare il pericolo tsunami, si potrebbero aprire le paratoie di Sarnico in modo da abbassare la quantità d’acqua nel bacino. Il livello del Lago d’Iseo potrebbe scendere fino a 1,30m in meno di quello attuale, la quantità massima che si può togliere per consentire di effettuare la navigazione dei battelli di linea e di attraccare ai moli.
Tramite dati relativi almeno ad una dozzina di giorni, l’Università di Milano Bicocca riuscirà a realizzare simulazioni più attendibili, sulle basi delle quali verranno prese tutte le decisioni.
“Stiamo monitorando la situazione”
Dopo un sopralluogo, l’assessore regionale al Territorio e Protezione civile Pietro Foroni ha dichiarato: “Stiamo aspettando i due studi dei professionisti incaricati, a partire da quello del professor Nicola Casagli, ordinario di geologia applicata, mentre entro fine settimana e’ atteso il secondo dal geologo incaricato dalla Comunita’ Montana dei Laghi bergamaschi. Solo dopo ulteriori valutazioni decideremo come intervenire, abbiamo assicurato da subito massima disponibilita’ agli amministratori locali, a tutela di tutti i residenti”. “E’ da giorni che stiamo monitorando in maniera attenta tutta la situazione – ha aggiunto Foroni -. Ho voluto che su questa vicenda fosse coinvolta la Protezione civile nazionale. Sabato c’e’ stato un sopralluogo in elicottero con i tecnici del mio assessorato e gli esperti del dipartimento nazionale per fare il punto. In attesa dei risultati dello studio, e’ nostro compito mettere in sicurezza la popolazione, se la situazione dovesse aggravarsi”.
“Non ci sono elementi specifici a riguardo, ma se dovesse verificarsi l’ipotesi peggiore – ha chiarito Foroni – dovremo mettere in sicurezza tempestivamente la popolazione. Le case piu’ a ridosso e il cementificio sono stati evacuati. Il comune di Montisola ha evacuato una parte della popolazione in una frazione che poteva essere a rischio nel caso di uno tsunami. Sulla frana e’ posizionato un radar, nei prossimi giorni potremo fare una valutazione sul rischio allarme. L’obiettivo oggi e’ mettere in sicurezza la popolazione”.
Generalmente uno tsunami si origina da un terremoto, con epicentro quasi sempre in mare aperto. Tuttavia esistono situazioni molto particolari in cui onde anomale si sviluppano anche negli specchi d’acqua “interni” come laghi e paludi.
Per approfondire –> Quando gli tsunami si verificano nei laghi: i casi storici in Svizzera, Italia e America
In Lombardia, 100.000 frane mappate
Gianluca Lattanzi, geologo e presidente della sezione lombarda della Società Italiana di Geologia Ambientale spiega che “gli studi e le analisi dei fenomeni di dissesto idrogeologico (frane, valanghe, alluvioni) condotti in Lombardia negli ultimi anni hanno evidenziato la presenza di oltre 100.000 frane mappate, oltre 30 mila valanghe censite e 2.200 chilometri quadrati di aree alluvionabili (in pianura e nelle vallate alpine). Se il contesto naturale montano spesso si lega con la presenza dei nostri paesi e borghi a formare il paesaggio regionale con le proprie bellezze e caratteristiche, la presenza di abitazioni millenarie degli stessi abitati, spesso realizzate in pietra o quando non vigevano le norme antisismiche, aumenta le condizioni di criticità in risposta ad eventi di dissesto idrogeologico e/o sismici. Inoltre la presenza di aree destinate allo sfruttamento minerario quali cave e miniere (anche ex) rendono difficile il connubio tra contesto naturale, luoghi di vita e utilizzo delle risorse naturali”.