Verona: il confine fra Parkinson e demenza al 3° congresso LIMPE-DISMOV

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Mercoledì 17 maggio  si apre presso il Palazzo della Gran Guardia di Verona il 3° congresso nazionale dell’Accademia Italiana per la lotta contro la malattia di parkinson e i disordini del movimento  LIMPE-DISMOV che fa il punto sul confine fra gli universi delle due più diffuse patologie neurodegenerative, parkinson e demenze.

Come sottolinea Il Presidente del Congresso Prof. Michele Tinazzi del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona, durante l’evento sarà celebrato anche il bicentenario della scoperta della malattia di Parkinson e alla fine dell’incontro, dal 19 al 20 Maggio, seguirà nella stessa sede il Corso Movement Disorders: Bridging Basic Science with Clinical Medicine organizzato dalla International Parkinson and Movement Disorders Society.

PARKINSON E DEMENZA

Nella malattia di Parkinson il deterioramento intellettivo non costituisce un elemento costante del quadro clinico, soprattutto nelle fasi precoci e per lo più si riscontra la cosiddetta demenza parkinson nelle fasi tardive, in meno di un terzo dei casi, quando è ormai andata perduta la metà dei neuroni dopaminergici dello striato che è l’area primaria di proiezione motoria del SNC.

PD-MCI

Sempre più importante appare il sottile deficit cognitivo definito PD-MCI, acronimo di Parkinson disease with mild cognitive impairment, e delle sua ancor più subdola e frequente forma sottosoglia definita non-amnestic PD-MCI.

Il 20 gennaio uno studio di Kenn Pedersen del Norwegian Centre for Movement Disorders della Stavanger University Hospitalsu pubblicato sulla rivista Neurology ha indicato che, a prescindere che il paziente recuperi o meno una cognività normale, il riscontro di mild cognitive impairment nelle fasi precoci di malattia può rappresentare un marker precoce per una successiva conversione in demenza: nei pazienti studiati  l’incidenza di PD-MCI a 1 anno è stata del 9,9%, a 3 anni del 23,2% e a 5 del 28,9%.

Fra quelli che presentavano PD-MCI a livello basale, il 39.1% è andato incontro a demenza nell’arco dei 5 anni di durata dello studio e i risultati indicano comunque che riscontrare PD-MCI nelle fasi precoci deve indurre sempre particolare attenzione, a prescindere da una riconversione del paziente a normale cognività.

LO STUDIO PACOs

Il Parkinson’s disease COgnitive impairment Study (PACOs) che viene presentato al Congresso LIMPE-DISMOV di Verona da Calogero Edoardo Cicero dell’Università di Catania insieme a quelli di Palermo, utilizzando una popolazione ben più ampia dello studio di Neurology (659 pazienti vs 212) ha stabilito che si riscontra PD-MCI nel 40% dei casi e che la frequenza di PD-MCI è più elevata quando:

  • maggiore è l’età del paziente,
  • maggiore la sua compromissione motoria. 

MINORE LA COMPROMISSIONE MOTORIA,  MINORE LA MCI

Una maggior prevalenza di MCI e di deterioramento cognitivo in associazione a disabilità motoria in pazienti de novo alla prima visita viene segnalata da uno studio condotto dai ricercatori della Seconda Università di Napoli, dell’Università di Caserta e della Fondazione Maugeri di Telese diretti da Gioacchino Tedeschi:  confrontando pazienti allo stadio HY I (interessamento  unilaterale e compromissione funzionale motoria  minima o assente) e HY II (compromissione  lieve, bilaterale o assiale senza deficit dell’equilibrio) di Hoehn & Yahr, nei primi la presenza di PD-MCI è risultata pari all’11,36% (5 pazienti su 44),  mentre negli altri era nell’ordine del 38,46% (15 pazienti su 39).

UN TEST PER LA PD-MCI VALIDATO PER I PAZIENTI ITALIANI

Sulla scorta di quello recentemente messo a punto dalla speciale MDS Task Force della Movement Disorders Society per la valutazione di quel 26,7% di pazienti affetti da malattia di Parkinson che non risultano dementi, ma hanno una compromissione cognitiva lieve, i ricercatori delle Università di Padova e Verona, insieme a quelli dell’Unità di Neurologia dell’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda, hanno validato sotto la direzione di Michele Tinazzi, che è anche il Presidente del congresso LIMPE-DISMOV di Verona, un test di 23 item totali adatto a pazienti di madrelingua italiana che è in grado di individuare oltre metà (51%) dei pazienti affetti da PD-MCI.

LA COMPROMISSIONE VERBALE

Uno studio dell’Instituto de Medicina Molecular dell’Università di Lisbona  condotto in collaborazione con altri cinque centri portoghesi e quello italiano dell’IRCCS S.Camillo di Venezia sotto la direzione di Angelo Antonini sottolinea come nella valutazione dei risultati delle indagini neuropsicologiche usate nella malattia di Parkinson vada sempre tenuto conto dell’influenza che la compromissione verbale dei pazienti esercita sui risultati.

Questo disturbo non è risolvibile con i comuni trattamenti a base di levodopa, il farmaco di riferimento nel parkinson: col progredire della malattia i disturbi della parola dei pazienti va infatti peggiorando e non esistono dati a favore del fatto che la levodopa possa ottenere su di essi quegli stessi effetti che invece si ottengono sulle performance motorie.

TERAPIA VOCALE E FISICA INTEGRATE

Il trattamento con terapia vocale e fisica integrata è la proposta dei ricercatori degli IRCCS Multimedica di Limbiate e Besta di Milano presentata Carlo Tognonato per migliorare i problemi vocali e respiratori dei pazienti parkinsoniani disfonici e disfasici.

Va incoraggiato il precoce impiego di protocolli clinici e strumentali che utilizzano misure di riabilitazione come ad esempio il programma PRAAT usato in ambito foniatrico e logopedico.

AtDCS e MUSICA

Per il trattamento della compromissione motoria del cammino dei pazienti parkinsoniani i ricercatori dell’Università di Milano prospettano  una soluzione integrata basata su tDCS anodica e stimulazione musicale. Come indica a Verona Chiara Di Nuzzo del gruppo di Alberto Priori del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Ospedale S. Paolo dell’Università di Milano,  l’AtDCS, acronimo di anodal transcranic direct current stimulation, cioè stimolazione transcranica diretta di tipo anodico, sembra ottenere risultati positivi nel trattamento dei disturbi della marcia, migliorando le funzioni motorie.

Il ritmo musicale, a sua volta, migliorerebbe la memorizzazione e l’esecuzione delle sequenze motorie grazie alla ritmica attivazione sequenziale delle aree motorie.

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