Cambiamenti climatici, Rapporto IPCC: il riscaldamento globale aumenterà fame e migrazioni, “dobbiamo cambiare dieta”

Il riscaldamento globale farà aumentare la siccità e le piogge in tutto il pianeta, pregiudicando la produzione agricola e la sicurezza alimentare
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E’ stato diffuso oggi il rapporto “Cambiamento climatico e territorio” elaborato dal comitato scientifico dell’ONU sul clima, l’IPCC: secondo il report il riscaldamento globale causato dall’uomo farà aumentare la siccità e le piogge estreme in tutto il pianeta, pregiudicando la produzione agricola e la sicurezza delle forniture alimentari. A pagarne le conseguenze saranno soprattutto le popolazioni più povere di Africa e Asia, con guerre e migrazioni. Anche il Mediterraneo è ad alto rischio desertificazione e incendi.
Nutrire correttamente i miliardi di persone della Terra o combattere il riscaldamento globale? Per evitare un giorno di affrontare questo dilemma, è essenziale ripensare l’uso della terra e le nostre abitudini alimentari“: il gruppo intergovernativo per i cambiamenti climatici ha avvertito che “la mancata azione rapida per la riduzione del degrado del suolo, degli sprechi alimentari e delle emissioni di gas a effetto serra nel settore agricolo, potrebbe sfidare i sistemi alimentari e minare gli sforzi per contrastare il disastroso riscaldamento globale“.

Nell’ottobre del 2018 l’IPCC ha pubblicato un rapporto sul clima che avvertiva che, in caso di mancata riduzione delle emissione dei gas serra, già nel 2030 il riscaldamento globale potrebbe superare la soglia di +1,5°C sui livelli pre-industriali.

Il rapporto diffuso oggi è focalizzato sul rapporto fra i cambiamenti climatici e il territorio, e si sofferma sulle conseguenze del riscaldamento globale su agricoltura e foreste.
E’ stato elaborato da 66 ricercatori da tutto il mondo (tra cui anche l’italiana Angela Morelli).

Anche con un riscaldamento globale a +1,5°C dai livelli pre-industriali (obiettivo dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015), vengono valutati “alti” i rischi da scarsità d’acqua, incendi, degrado del permafrost e instabilità nella fornitura di cibo. Se si dovessero superare 2°C (l’obiettivo minimo dell’Accordo), i rischi saranno “molto alti”.
Secondo lo studio, con l’aumento delle temperature, la frequenza, l’intensità e la durata degli eventi estremi legati al caldo, continueranno a crescere nel XXI secolo. La siccità aumenterà in frequenza e intensità, soprattutto nell’area del Mediterraneo e dell’Africa meridionale, così come le precipitazioni estreme.
La stabilità delle forniture di cibo sarà pregiudicata dall’aumento della grandezza e della frequenza degli eventi atmosferici estremi, che spezzano la catena alimentare. Nelle regioni aride, il cambiamento climatico e la desertificazione determineranno riduzioni nella produttività dei raccolti e del bestiame. Le zone tropicali e subtropicali saranno le più vulnerabili.
In Asia e Africa si registrerà il maggior numero di persone colpite dall’aumento della desertificazione, mentre Nord America, Sud America, Mediterraneo, Africa meridionale e Asia centrale vedranno aumentare gli incendi.
I cambiamenti climatici possono anche determinare un aumento nelle migrazioni sia all’interno dei Paesi che tra un Paese e l’altro.

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Le temperatura media sulla superficie terrestre dall’età pre-industriale a oggi è aumentata di quasi il doppio rispetto alla temperatura media sull’intero globo: “Dal periodo 1850-1900 al periodo 2006-2015 la temperatura dell’aria sulla superficie terrestre e’ aumentata di 1,53 gradi (una media fra 1,38 e 1,68) – rileva l’IPCC -, mentre la temperatura media globale e’ aumentata di 0,87 gradi (media fra 0,75 e 0,99)“. “Il riscaldamento si è tradotto in un aumento della frequenza, intensità e durata degli eventi legati al caldo, comprese le ondate di calore. La frequenza e l’intensità delle siccità è aumentata in alcune regioni (comprese Mediterraneo, Asia occidentale, molte parti del Sud America, gran parte dell’Africa e Asia nordorientale) e c’è stato un aumento nell’intensità degli eventi piovosi estremi su scala globale“. “Il riscaldamento globale può esasperare il processo di degrado del suolo, attraverso aumenti dell’intensità delle piogge, inondazioni, frequenza e gravità delle siccità, stress da calore, vento, aumento del livello del mare e dell’azione delle onde, fusione del permafrost“.

C’è un nesso tra cambiamenti climatici e utilizzo sfrenato della terra: stando a quanto emerge dal nuovo studio, il 23% delle emissioni di gas serra globali prodotte dall’uomo deriva da agricoltura industriale, silvicoltura, deforestazione e incendi ed è per questo che, sostengono gli scienziati, se vogliamo avere un futuro è necessario un cambiamento radicale (e globale) delle abitudini alimentari, spostando i consumi verso alimenti a base vegetale e riducendo quelli di carne. Questo ridurrebbe le emissioni di gas serra derivanti dagli allevamenti, liberando la terra per usi più sostenibili. Negli ultimi 60 anni, infatti, il consumo di carne è più che raddoppiato e il suolo- rileva lo studio – è stato convertito a uso agricolo a un ritmo senza precedenti nella storia umana. Ci sono altri dati, nello studio dell’Ipcc, che evidenziano la necessità di riformare l’attuale sistema alimentare: nel mondo ci sono circa 2 miliardi di adulti in sovrappeso o obesi, mentre 821 milioni di persone sono denutrite.
La produzione di bioenergia, sottolinea l’IPCC, rappresenta un’ulteriore minaccia, perché il rischio è di privarci di preziosi terreni agricoli, spostando piantagioni e pascoli per il bestiame in aree naturali di grande importanza per la conservazione della biodiversità e la salvaguardia del clima, come le foreste. Il rapporto fornisce anche altri importanti elementi: concentrarsi unicamente sull’uso del suolo non basterà per vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici, per quello è fondamentale procedere all’eliminazione graduale dei combustibili fossili, serve proteggere le foreste e proporre un nuovo paradigma per il sistema agro-alimentare.

Il rapporto dell’IPCC è il frutto dei confronti che hanno avuto luogo in questi giorni a Ginevra in occasione della 50ª sessione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change e i cui risultati verranno sottoposti ai leader politici in occasione del prossimo vertice dell’azione per il clima delle Nazioni Unite il 23 settembre a New York.

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