Africa, il ciclone Idai può diventare il peggior disastro meteo di sempre dell’emisfero sud. La disperazione dei sopravvissuti: “Dite al mondo che stiamo soffrendo” [FOTO]

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Il ciclone Idai ha devastato parti di Mozambico, Malawi e Zimbabwe in quello che l’ONU dichiara potrebbe essere il peggior disastro legato al meteo che abbia mai colpito l’emisfero meridionale. Milioni di persone si sono ritrovate sulla traiettoria del ciclone, con la città portuale di Beira che ha subito il peggio della tempesta. Finora sono 200 le vittime confermate in Mozambico a causa del ciclone Idai, ma il bilancio potrebbe essere molto più alto. Secondo il governo del Mozambico, potrebbero essere 100.000 le persone da soccorrere a Beira. Coloro che sono sopravvissuti al disastro e che si ritrovano a piangere la perdita dei loro cari, a cercare disperatamente tra le macerie le centinaia di persone ancora disperse e a lottare per salvare quel poco che è rimasto dei loro averi, hanno anche un disperato bisogno di cibo, riparo e vestiti.

All’interno di un improvvisato centro di emergenza allestito presso l’aeroporto di Beira, la città più colpita, le agenzie umanitarie stanno lottando per raggiungere quanti sono ancora bloccati in tutta l’area colpita dal ciclone. È il primo punto di ritrovo per tutte le squadre provenienti da diverse zone del mondo e offre la prima idea di quanto queste operazioni dipendano fortemente dall’aiuto proveniente dall’esterno.

A pochi chilometri di distanza dall’aeroporto, la città di Beira è nel panico. I suoi abitanti sono sempre più preda dell’ansia: gli aiuti stanno arrivando, ma sono molto lenti e probabilmente non sufficienti. “Non ho nulla. Ho perso tutto. Non abbiamo cibo. Non ho neanche delle lenzuola. Abbiamo bisogno di aiuto”, dichiara una residente. La geografia di Beira l’ha sempre resa vulnerabile agli effetti degli eventi meteo estremi, come il ciclone Idai che ha toccato terra proprio sulla città con venti di 177km/h. La città ha quindi subito il peggio della distruttiva tempesta, che l’ha completamente inondata, abbattendo inoltre gli edifici e interrompendo le strade. Un operaio del World Food Programme dell’ONU ha descritto così la città: “Non c’è elettricità. Non ci sono telecomunicazioni. Le strade sono disseminate dei pali della luce abbattuti”. Tutto questo sta provocando grossi ritardi nel raggiungimento delle persone in disperato bisogno di aiuto.

Le persone che hanno perso completamente tutti i loro mezzi di sussistenza attendono l’aiuto delle agenzie umanitarie. Le immagini aeree mostrano l’enorme portata delle inondazioni, che hanno distrutto colture, case e vite umane. Alcune persone stanno cercando di salvare quello che possono per crearsi un riparo. Alcuni stanno riparando i loro tetti di metallo, mentre altri stanno legando rami di alberi per poterci dormire sotto. Le case sono state danneggiate, alcune completamente distrutte, e ci sono enormi pozze di acqua ovunque. Una chiesa locale è diventata un rifugio temporaneo per moltissime persone. Nonostante metà del suo tetto sia stata spazzata via dalla furia dei venti, le pareti hanno resistito e almeno è meglio che stare completamente fuori al freddo.

L’ONU ha dichiarato che il ciclone Idai ha provocato un “enorme disastro” nel sud dell’Africa, colpendo centinaia di migliaia, se non milioni di persone. Anche i vicini Zimbabwe e Malawi sono stati colpiti dalla devastante tempesta che ha causato decine di morti e migliaia di sfollati. “Per favore aiutateci. Dite al mondo che stiamo soffrendo. Non sappiamo dove andremo a dormire”, sono le parole di Pedro, padre di 3 bambini, tutti al di sotto di 10 anni. In Zimbabwe, le vittime sono trasportate in bare di legno dai membri delle famiglie, che camminano a piedi scalzi su un percorso improvvisato lungo un fiume mentre altre persone hanno creato un luogo di sepoltura di massa, come potete vedere nelle terribili immagini contenute nella gallery a corredo dell’articolo.

100.000 persone a rischio

Quando sono arrivate le piogge, “era qualcosa che nessun di noi aveva mai vissuto prima. Era assordante. Non ha fatto prigionieri, questo ciclone è arrivato e ci ha colpiti molto forte”, ha dichiarato alla radio Focus on Africa della BBC Mandla Mataure, il direttore del Chimanimani Hotel, in Mozambico, che sta utilizzando la sua struttura per offrire rifugio a quanti sono stati colpiti dalla tempesta. “Gli edifici sono stati spazzati via, siamo in un’area di montagna, è un disastro. Molte vite sono andate perse e stiamo ancora contando, alcune persone sono state sepolte ma alcuni corpi sono ancora sotto le macerie”, ha aggiunto. “Abbiamo bisogno di dottori, abbiamo bisogno che le persone siano trasportate via da qui in aereo, abbiamo bisogno di coperte per farle stare al caldo. Le persone sono sopravvissute ad inondazioni e frane: ora non possiamo farle morire di polmonite, per un comune raffreddore o per il colera. Il tempo è essenziale: alcuni corpi non sono ancora stati trovati, abbiamo bisogno di squadre di ricerca, di persone che ci aiutino a seppellirli, c’è molto da fare. Non è una crisi da 1-2 giorni. Ci servirà del tempo per risolverla, quindi prima otterremmo del supporto, meglio sarà”, ha concluso.

I residenti delle aree colpite sentono di essere stati abbandonati. E mentre il quadro completo di questa che è una vera e propria crisi diventa sempre più chiaro, ci si interroga sul fatto se il governo del Mozambico avrebbe potuto fare di più per prepararsi al disastro. Le alluvioni del 2000 hanno spezzato centinaia di vite e qualcuno in queste aree sente che la lezione non è ancora stata imparata. “La nostra città è stata distrutta con tanta facilità perché non si pensa alle nostre infrastrutture. Ogni volta che c’è un problema qui, abbiamo bisogno che Paesi esteri ci salvino. Cosa sta facendo il nostro governo, qual è il nostro piano?”, si chiede un autista dei giornalisti della BBC che si sono recati nei posti colpiti dal ciclone.

All’aeroporto di Beira, atterrano elicotteri dai quali scendono soccorritori che portano tra le braccia bambini con gli occhi pieni di paura. “Molti villaggi sono stati spazzati via. Abbiamo trovato donne e bambini aggrappati agli alberi. Stiamo facendo quello che possiamo”, sono le parole di uno dei soccorritori.

Nel frattempo sono attese ulteriori piogge e Felipe Nyusi, Presidente del Mozambico, ha dichiarato che oltre 100.000 persone sono a rischio. La paura è che gli aiuti potrebbero non raggiungerle in tempo.

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