Incredibile in Messico: trovati microbi isolati da 50.000 anni nella famigerata “Grotta Infernale” [FOTO]

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All’interno della celebre grotta dei cristalli giganti di Naica nello Stato messicano di Chihuahua in Messico, dove vigono condizioni impossibili alla vita umana – fino a +58°C, 100% di umidità e clima acido – sono stati trovati dei microbi dormienti, ma che sono stati riportati in vita in laboratorio. Microbi risalenti a circa 50.000 anni fa incastrati tra gli interstizi del gesso poroso che forma le mastodontiche strutture (fino a 12 metri di lunghezza, 5 di diametro ed un peso di 55 tonnellate) per cui è nota la grotta a 300 metri di profondità. La scoperta sorprendente è l’aver trovato in un ambiente così ostile – i ricercatori debbono indossare ingombranti tutte stagne e raffreddate per riuscire a sopravvivere e senza morirebbero dopo 5 minuti – organismi ancora vivi. La scoperta e’ stata fatta dal servizio di Astrobiologia della Nasa in California, che studia forme di vita in condizioni estreme per ipotizzare quelle che potrebbero trovarsi su pianeti alieni. I microbi rimasti isolati cosi’ a lungo nella grotta sono interessanti anche perché hanno un Dna estremamente diverso da qualsiasi altra creatura. La grotta venne aperta da minatori alla ricerca di argento, una delle grandi ricchezze del Messico, che contribuì (celebre quella di Potosi) nel XVI secolo a rendere la Spagna una potenza mondiale dotata di un vasto impero. Gli astrobiologi della Nasa sono interessati soprattutto a come microbi traggano nutrimento per sopravvivere in un ambiente non solo ostile ma anche completamente buio. Hanno ipotizzato che abbiano sviluppato un sistema di sintesi chimica per estrarre le sostanze di cui hanno bisogno dalle impurità organiche incastrate nelle gigantesche formazioni di gesso, che hanno impiegato milioni di anni per formarsi. Nel loro lavoro i ricercatori Usa hanno sfruttato anche la mappatura più completa mai condotta del complesso effettuata nel 2006 dai ricercatori del dipartimento di cristallografia dell’università di Bologna guidati da Paolo Forti.

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