India, la distruzione lasciata dal ciclone Fani: “Non c’è niente da mangiare e non una goccia d’acqua da bere” [FOTO e VIDEO]

Il ciclone Fani ha lasciato una scia di distruzione dopo il suo passaggio su India e Bangladesh: pesanti gli effetti sulla popolazione mentre aumenta il bilancio delle vittime
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Sono decine le vittime provocate in India e Bangladesh dal ciclone Fani, il ciclone più forte a colpire l’India negli ultimi 20 anni. Fani ha toccato terra tra le 8 e le 10 (ora locale) del mattino di venerdì 3 maggio lungo la costa dello stato indiano dell’Orissa, nei pressi della città di Puri. L’intensità di Fani era equivalente a quella di un uragano di categoria 4 quando si è abbattuto sulla costa indiana. Il ciclone ha spezzato la vita di almeno 38 persone solo nell’Orissa, secondo Times of India, 25 dei quali a Puri, secondo quanto dichiarato dal Capo Segretario dello stato. È stata invece confermata la morte di almeno 12 persone in Bangladesh secondo Associated Press e almeno 6 di esse sarebbero state uccise da fulmini.

Fani si è ormai dissipato dopo essersi fatto strada tra India e Bangladesh. “Possono esserci ancora acquazzoni più forti localmente sulle aree di montagna dallo stato di Assam a quello dell’Arunachal Pradesh lunedì (6 maggio, ndr) nonostante la maggior parte dell’India nordorientale sarà asciutta. Qualsiasi acquazzone più forte potrebbe peggiorare le inondazioni in corso o minacciarne di nuove”, ha spiegato Adam Douty, meteorologo di AccuWeather, autorevole centro meteorologico statunitense. Per il resto della settimana, rovesci e temporali potranno svilupparsi su alcune parti dell’area ogni pomeriggio, secondo Douty. Le piogge, tuttavia, non dovrebbero essere così intense da aggravare notevolmente le inondazioni o da rallentare gli sforzi di recupero. A Calcutta, il ciclone ha anche provocato un meteo-tsunami sul fiume Hughli, che si getta nel Golfo del Bengala, come mostra uno dei video che trovate in fondo all’articolo.

Ieri è stato il 3° giorno per Bhubaneswar, città dell’Orissa, senza elettricità, mentre continuano gli sforzi per ripristinare la fornitura idrica, secondo Times of India. “Ho perso la mia casa a causa del ciclone. Non c’è niente da mangiare e non una goccia d’acqua da bere. Sono costretto a comprare acqua in bottiglia. Come darò da mangiare ai miei 5 figli?”, sono le dichiarazioni di un residente a Hindustan Times. Nonostante i soccorsi e gli sforzi di recupero, “come darò da mangiare ai miei figli?” è una domanda ricorrente tra i residenti. Infatti Fani non ha solo distrutto le case, ma anche i negozi alimentari e le risorse alimentari. Quando il ciclone ha colpito l’Orissa, la maggior parte delle case con i tetti in paglia è andata distrutta, come potete vedere dalle immagini contenute nella gallery scorrevole a corredo dell’articolo. Tanmay Das, 40 anni, residente dell’area, ha descritto ad Associate Press il vento a Bhubaneswar  “come se ti volasse via”.

I video che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi mostrano la furia di Fani, gli alberi cadere sotto i colpi della violenza del vento mentre la pioggia oscurava il cielo. Il ciclone ha sradicato 10.000 alberi di cocco e distrutto le coltivazioni nell’Andhra Pradesh, secondo quanto riportato da Times of India, che parla anche di perdite per 8,5 milioni di dollari. Un portavoce del governo indiano ha riportato “danni estesi” alle case, ai vecchi edifici e ai negozi di Puri. Oltre un milione di persone è stato evacuato dalla traiettoria di Fani (quasi 100.000 solo da Puri) nella più grande operazione di evacuazione del Paese. Le autorità indiane sostengono che l’evacuazione di massa abbia evitato un bilancio umano devastante, avvisando però che potrebbe aumentare mentre vengono ripristinate le comunicazioni e l’elettricità. “A Puri, per il ripristino dell’elettricità servirà almeno una settimana”, riporta Hindustan Times, citando le autorità.

Devastante violenza del Ciclone Fani in India: distruzione totale ma poche vittime grazie ad un ottimo piano di evacuazione [FOTO e VIDEO]

Fani è stato il ciclone più forte a colpire in così presto durante un anno nell’Oceano Indiano settentrionale dal ciclone Nargis del 2008, secondo Phil Klotzbach della Colorado State University.

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