Le fabbriche di Higgs, gli acceleratori del futuro

MeteoWeb

Le chiamano le ‘fabbriche di Higgs’ e sono gli acceleratori di particelle del futuro, le macchine che verranno dopo il Large Hadron Collider (Lhc) di Ginevra che ha scoperto la particella di Dio, ossia il bosone di Higgs grazie al quale esiste la massa. L’obiettivo principale è quello di produrre i bosoni di higgs per studiare studiare le caratteristiche di questa particella. Da quanto scrive su Nature il giornalista scientifico Matthew Chalmers, le principali macchine alle quali si sta pensando sono quattro, i cui costi, tempi e potenzialità saranno valutati nel convegno di Cracovia dal 10 al 12 settembre, nel convegno organizzato dal Cern sulla strategia europea per la fisica delle particelle. L’International Linear Collider (Ilc), che dovrebbe avere una lunghezza di 30 chilometri – il Lep 3 in onore del Large Electron – Positron collider (Lep), predecessore dell’Lhc lungo 8,4 chilometri, dovrebbe essere costruito proprio accanto a Lhc, in parte nello stesso tunnel – il Compact Linear Collider (Clic), della lunghezza di 50 chilometri, ed il Muon Collider, in un tunnel ovale di 2 chilometri. I primi tre acceleratori faranno collidere fasci opposti di elettroni e positroni, nel Muon Collider dovrebbero invece scontrarsi fasci di muoni e antimuoni. “Lhc è una macchina circolare che fa collidere fasci contenenti centinaia di miliardi di protoni a energie molto elevate”, spiega Chalmers. Ma se Lhc è ottima per scoprire nuove particelle non lo è altrettanto per fare misure di precisione perchè i protoni sono mari caotici di quark e gluoni che generano disturbi. Macchine lineari come Ilc, invece, funzionano a energie più ridotte rispetto a Lhc e le collisioni al loro interno sono meno affette da disturbi rispetto a quelle che avvengono in Lhc e quindi permetteranno di effettuare misure di precisione delle particelle individuate da Lhc. ”Sappiamo che deve esserci una nuova fisica oltre il modello standard” osserva il fisico Barry Barish, del California Institute of Technology (Caltech) e a capo del consorzio che sta progettando Ilc. ”Questo – prosegue – è garantito dall’esistenza di fenomeni che non rientrano facilmente nel modello Standard: come l’invisibile materia oscura che si pensa occupi un quarto dell’universo, o l’abilità di particelle elusive chiamate neutrini di oscillare da una forma a un’altra”. Ma una cosa è fare programmi, un’altra cosa è la realtà: ”finanziare una qualsiasi di queste macchine, specialmente in un periodo di crisi economica, sarà un compito arduo”, osserva Christopher Llewellyn-Smith, dell’università di Oxford ed ex direttore del Cern. ”Molto dipenderà – aggiunge – da quali altre particelle scoprirà Lhc, dai costi della nuova macchina e se essa sarà supportata unanimemente dalla comunità”.

Condividi