Il devastante tornado che nei giorni scorsi, negli Stati Uniti, ha raso al suolo la cittadina di Moore, un piccolo sobborgo a sud della capitale Oklahoma City, ha suscitato grande inquietudine e preoccupazione nell’opinione pubblica, non solo statunitense. Il catastrofico evento naturale è stato accompagnato da un ampio eco mediatico in Europa e sul nostro paese. In molti si chiedono se un simile fenomeno può verificarsi anche in Italia o in altre aree del vecchio continente, apportando un enorme mole di danni e distruzione, come visto a Moore. Fortunatamente, sotto questo punto di vista, il nostro paese può dirsi sicuro, o quasi. E’ vero che i tornado, anche di dimensioni piuttosto importanti, possono svilupparsi anche sul territorio italiano. Non per caso nell’ultimo anno abbiamo registrato ben due eventi vorticosi importanti. Qualche settimana fa un tornado, classificato un F-3 sulla scala Fujita, ha creato ingenti danni in vari centri del modenese, scoperchiando alcuni capannoni industriali e delle abitazioni. Nel Novembre 2012, durante il transito di un intenso sistema temporalesco di tipo “V-Shaped” (i famosi temporali a forma di “V”) sul golfo di Taranto, un altro tornado, proveniente dal mare, ha duramente flagellato l’area portuale di Taranto, riuscendo persino ad abbattere una ciminiera dello stabilimento dell’ILVA e cagionando la morte di un operaio che si trovava all’interno della cabina di una gru.
A parte questi episodi, di per se distruttivi, il nostro paese può reputarsi fortunato. Difatti, tornado di dimensioni gigantesche, di categoria F-5 Fujita, come quello che ha distrutto il centro abitato di Moore, sono fuori portata per l’Italia. La formazione di questi mostruosi vortici sul territorio italiano è impossibile, per vari motivi. Fra tutti la vicinanza di un mare chiuso come il Mediterraneo alle terre emerse e la presenza di importanti ostacoli orografici, come le Alpi e gli Appennini, sono fattori che tendono ad inibire lo sviluppo di tornado di portata catastrofica. Un ruolo molto importante è giocato proprio dal fattore orografico. Esso è in grado di influenzare la circolazione atmosferica anche alle quote superiori della troposfera, deflettendo la ventilazione di parecchi gradi.
La presenza di rilievi e catene montuose di una certa rilevanza, sparpagliate sull’intero territorio nazionale, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, disturba non poco la circolazione dei venti nei medi e bassi strati, impedendo cosi il possibile sviluppo e l’approfondimento dei grandi vortici, annessi ai temporali di natura “supercellulare” (caratterizzati dal cosiddetto “Mesociclone” che altro non è che un “Updraft” roteante), che estendendosi verso il suolo danno innesco alle trombe d’aria e ai tornado, molto comuni nelle praterie centrali degli USA (prive di ostacoli orografici). Alle volte l’influenza orografica è tale da riuscire a tagliare già sul nascere il moto vorticoso potenziale per lo sviluppo di un tornado. Senza i rilievi appenninici o le Alpi le probabilità di vedere fenomeni tornadici devastanti sarebbero certamente superiori. Del resto non è un caso se la pianura Padana, ed in misura minore le piccole piane e le pianure dell’Italia centrale e meridionale, lontane dai rilievi, sono i luoghi dove più facilmente si possono osservare le trombe d’aria o i tornado made in Italy. Malgrado ciò i fenomeni vorticosi che spesso, specie durante il periodo primaverile ed estivo, interessano la pianura Padana non possono essere minimamente confrontati con i devastanti “tornadoes” che si formano sopra le vaste distese pianeggianti degli USA centrali, presentando diametri anche di oltre 1.5 chilometri.