Staminali: giornata di silenzio dopo la morte della piccola Sofia

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staminaliLe famiglie dei pazienti in attesa di cure con le cellule staminali del metodo Stamina osserveranno oggiuna giornata di silenzio in segno di solidarietà e rispetto per la morte della piccola Sophia, la bambina di sei mesi di Civitavecchia, affetta da Sma1 e morta senza poter accedere alle cure con il metodo Stamina. A indire la giornata di silenzio è il Movimento Vite Sospese, nato il 18 maggio 2013 a Grottammare a opera di familiari di pazienti gravissimi con lo scopo, tra l`altro, di sensibilizzare l`opinione pubblica sui problemi inerenti la cura di malattie rare e di stati comatosi e post comatosi mediante l’infusione di cellule mesenchimali adulte secondo il metodo elaborato da Davide Vannoni. Il Movimento “prende atto con dolore” della morte della piccola Sofia, che segue quella di Salvatore Crisafulli e di Santa Illuminati (ai quali il Movimento e` dedicato) morti anche loro in attesa di poter accedere a queste cure. “La vicenda della piccola – si spiega in una nota – è tanto più grave in quanto la bambina, l`8 aprile scorso, aveva già ottenuto l`autorizzazione da un giudice a sottoporsi alle cure presso gli Spedali Civili di Brescia ed era quarta nella lista d`attesa dell`ospedale. Sofia e` vittima della legge sulla sperimentazione del metodo Stamina approvata in Parlamento. Con il primo testo del Senato la bambina avrebbe potuto accedere subito alle cure, ma la legge sulla sperimentazione ha allungato i tempi, condannandola di fatto alla morte”. “Centinaia di famiglie – conclude la nota – stanno vincendo i ricorsi e, con l`ordine del giudice, hanno il diritto acquisito di sottoporsi a quelle cure, un diritto che non puo` essere violato dallo Stato. Sono tutti casi di urgenza per terapie compassionevoli. Non è possibile che una bambina come Sofia, che aveva vinto il ricorso e che aveva ottenuto l`ordine del giudice per sottoporsi alle cure, abbia dovuto aspettare dall’8 aprile al 2 giugno. Due mesi sono troppi per chi come Sofia era in continuo pericolo di vita. Chiediamo allo Stato italiano di rimediare a questa situazione e porre fine a quello che rischia di diventare un genocidio di Stato”.

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