Spazzatura spaziale: il Giappone sperimenta un nuovo metodo per eliminare gli oggetti orbitanti

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spazzatura spazialeI ricercatori dell’Agenzia spaziale giapponese (Jaxa) sperimenteranno nel febbraio prossimo un nuovo metodo per catturare la “spazzatura spaziale” in orbita terrestre attirandola nell’atmosfera dove successivamente si disintegrerebbe.
Si tratta di un cavo di acciaio ed alluminio che una volta agganciato a un detrito in orbita genererebbe una corrente elettrica – indotta dal campo magnetico terrestre – sufficiente per rallentarlo e trasferirlo quindi verso orbite sempre più basse fino al rientro nell’atmosfera.
Un primo lancio sperimentale – un satellite dotato di un cavo lungo 300 metri per verificare la produzione di energia elettrica – dovrebbe avvenire il 28 febbraio prossimo: per l’aggancio vero e proprio occorrerà attendere le missioni successive. Con oltre 20mila oggetti in orbita terrestre – di cui appena un migliaio di satelliti ancora integri, meno della metà funzionanti – la “spazzatura spaziale” sta diventando un problema sempre più serio. L’orbita geostazionaria (a 36 mila chilometri di altitudine) è in particolare la più frequentata, con oltre 200 nuovi “arrivi” ogni anno; la maggior parte dei detriti occupa invece orbite più basse, dove si trovano tuttavia numerosi satelliti scientifici di osservazione e la stessa Iss. Va tuttavia notato che il dato si riferisce a oggetti più o meno grandi, ma le particelle di grandezza superiore al millimetro si contano a decine di milioni. L’Iss orbita infatti a 400 chilometri di altezza, dove la sopravvivenza dei detriti prima del rientro dell’atmosfera non supera un anno (la stessa Stazione deve correggere periodicamente la sua orbita per rimanere in posizione); a 800 chilometri la permanenza in orbita è di circa due secoli mentre l’orbita geostazionaria rimane sostanzialmente stabile per milioni di anni. Le collisioni sono tuttavia rare: l’ultima risale al febbraio del 2009 e ha coinvolto un satellite Iridium-33 ancora in attività e un satellite militare russo ormai non operativo, moltiplicando di fatto il numero dei frammenti in orbita. Il rischio è dato dal fatto che le velocità orbitali sono elevatissime, dell’ordine delle decine di chilometri al secondo: l’energia liberata dell’impatto di un frammento è più meno identica a quella di una massa equivalente di Tnt. Il ritiro della flotta degli space shuttle ha tuttavia eliminato uno dei possibili mezzi per ritirare almeno i satelliti non più operativi; altri metodi allo studio – come delle “ventose” a razzo che spingano i detriti nell’atmosfera – sono ostacolati anche da pastoie legali, come quella che impone a ciascun Paese di poter recuperare solo gli oggetti di sua proprietà – residuo dello spionaggio industriale e militare della Guerra Fredda.

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