AIDS: in Italia lieve diminuzione delle nuove diagnosi di HIV nel 2015

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Nel 2015 in Italia si è osservata una lieve diminuzione sia del numero delle nuove diagnosi di infezione da Hiv sia dell’incidenza (casi/popolazione) del virus. Il nostro Paese si colloca così al 13° posto in termini di incidenza Hiv tra le nazioni europee, come riferisce un focus sul sito del ministero della Salute in vista della Giornata mondiale dedicata alla malattia, con gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità al 31 dicembre 2015. La diminuzione del numero delle nuove diagnosi di infezione da Hiv nel nostro Paese è stata osservata per tutte le modalità di trasmissione, tranne che per i maschi che fanno sesso con maschi. Nel 2015 la maggior parte delle nuove diagnosi Hiv è avvenuta negli omosessuali e nei maschi eterosessuali. La quota delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv in fase clinica avanzata (bassi CD4 o presenza di sintomi) è sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti. Anche il numero delle nuove diagnosi di Aids è in lieve decremento. Il numero di decessi in persone con Aids è stabile dal 2010, mentre aumenta progressivamente la proporzione delle persone con nuova diagnosi di Aids che scopre di essere Hiv positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di Aids. Nel 2015 sono state segnalate 3.444 nuove diagnosi di infezione da Hiv, riporta il report annuale del Centro operativo AIDS (Coa) dell’Istituto superiore di sanità. I nuovi casi erano stati 3.850 nel 2014, ma questo dato già comprende le segnalazioni arrivate in ritardo. Quindi il calo osservato potrebbe essere minore in quanto, precisano gli autori del rapporto, i dati sono in parte influenzati dal ritardo di notifica: per il 2015 “è stato stimato che ai casi finora pervenuti al Coa manca ancora un 7,9% di segnalazioni”. In base ai dati attualmente disponibili, dal 2014 al 2015 l’incidenza è scesa da 6,3 casi a 5,7 per 100.000 residenti. Nella seconda metà degli anni ’80 si viaggiava al ritmo di 26,8 nuovi casi per 100.000, il picco massimo registrato nel Paese. Rispetto all’incidenza di Hiv riportata dagli altri Paesi dell’Unione europea, l’Italia si posizione al 13esimo posto in una classifica che vede in cima il Regno Unito, con l’incidenza più alta, e all’altro estremo la Francia, con l’incidenza più bassa. Anche le statistiche regionali sono influenzate dal fatto che alcune regioni hanno ‘esportato’ casi in termini assistenziali e viceversa alcune ne hanno ‘importati’ da altre regioni. Comunque nel 2015 più della metà delle segnalazioni sono pervenute da 4 regioni: Lombardia (24,1%), Lazio (14,8%), Emilia Romagna (9,3%) e Veneto (7,8%). L’incidenza più alta nel 2015 è stata osservata nel Lazio e quella più bassa in Calabria. E se la maggior parte delle regioni presenta un andamento in diminuzione, in alcune – Liguria, Campania e Basilicata – sembra essere in aumento.  Il report scatta poi una fotografia dettagliata del popolo dei contagiati e delle circostanze in cui si contrae l’infezione da Hiv. Nel 2015 le persone che hanno scoperto di essere Hiv-positive erano maschi nel 77,4% dei casi. L’età mediana (in aumento costante dal 1985) è di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti). L’1,7% delle nuove diagnosi è fra bambini e ragazzi under 20. La maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’85,5% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 44,9%; maschi che fanno sesso con maschi 40,6%). E poi c’è la quota di stranieri tra i nuovi casi di Hiv. Nel 2015 il 28,8% delle persone diagnosticate come Hiv-positive era di nazionalità straniera. L’incidenza è di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti, contro i 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra gli italiani residenti. E se fra gli stranieri la quota maggiore di casi è costituita da eterosessuali femmine (36,9%), tra gli italiani è composta da maschi che fanno sesso con maschi-Msm (48,1%). Negli ultimi anni rimane costante la quota delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv in fase clinica avanzata. In Piemonte e nella Provincia autonoma di Trento l’esecuzione del test di avidità anticorpale, che permette con una buona approssimazione di identificare le infezioni recenti, ha evidenziato che nel 2015 solo il 17,3% delle persone con una nuova diagnosi di Hiv aveva verosimilmente acquisito l’infezione nei 6 mesi precedenti la prima diagnosi di Hiv-positività.  A livello nazionale, il 32,4% delle persone con nuova diagnosi di Hiv ha eseguito il test per la presenza di sintomi Hiv-correlati, il 27,6% in seguito a un comportamento a rischio non specificato e il 13,2% nel corso di accertamenti per un’altra patologia. Quanto alla sorveglianza sull’AIDS (diagnosi di malattia conclamata), le statistiche italiane mostrano che dall’inizio dell’epidemia (1982) a oggi sono stati segnalati oltre 68 mila casi di AIDS (poco più di 800 quelli pediatrici), di cui più di 43 mila morti. Nel 2015 sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di AIDS pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti. L’incidenza di AIDS è, secondo gli autori del report, in lieve costante diminuzione negli ultimi 3 anni. Il numero di decessi in persone con AIDS rimane stabile. Un dato rilevante è che nel 2015 poco meno di un quarto delle persone diagnosticate con AIDS aveva eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di malattia conclamata. Il fattore principale che determina la probabilità di avere effettuato una terapia antiretrovirale prima di questa fase, fanno notare gli esperti, è la consapevolezza della propria sieropositività: nell’ultimo decennio è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di AIDS che ignorava la propria sieropositività e ha scoperto di essere Hiv positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS, passando dal 20,5% del 2006 al 74,5% del 2015. (AdnKronos)

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