Birmania, Coldiretti: in Italia il riso insanguinato dei Rohingya

MeteoWeb

Nel 2017 in Italia sono aumentati del 736% rispetto all’anno precedente gli arrivi di riso dalla Birmania dove le autorità locali hanno avviato a fine ottobre la raccolta nei campi abbandonati dai musulmani Rohingya in fuga dalla repressione. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della denuncia di Medici senza Frontiere (MSF) sul fatto che almeno 6.700 Rohingya sono stati uccisi tra agosto e settembre in Birmania. Dalle violenze di agosto sono oltre 645.000 i Rohingya fuggiti in Bangladesh e costretti a lasciare, tra l’altro, più di 28 mila ettari coltivati a riso a Maungdaw nello stato di Rakhine. Le importazioni di riso in Italia hanno raggiunto addirittura il valore record di 7,3 milioni di chili in soli nove mesi sulla base dei dati Istat perché, nonostante l’accusa di pulizia etnica, la Birmania gode – denuncia la Coldiretti – da parte dell’Unione Europea del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (tutto tranne le armi). I Rohingya sono considerati in Birmania immigrati clandestini con la limitazione della libertà di movimento è la confisca dei terreni. Molti di loro, inoltre, sono da sempre sottoposti al lavoro forzato, anche nei campi di riso e, dall’inizio della repressione, sono numerose le testimonianze di violenze, addirittura decapitazioni avvenute nei campi di riso secondo fonti giornalistiche internazionali. “Non è accettabile che l’Unione Europea continui a favorire con le importazioni lo sfruttamento e la violazione dei diritti umani nell’indifferenza generale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “è invece necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale”.

Condividi