Malattie autoimmuni, attenzione alle “relazioni pericolose”: chi soffre di una patologia tende a svilupparne un’altra

I pazienti che soffrono di malattie autoimmuni sono più esposti al rischio di svilupparne altre nel tempo: "Il 10-20% dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali soffre anche di una forma di artrite"
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Negli ultimi anni, sempre più ricerche hanno evidenziato che i pazienti che soffrono di malattie autoimmuni sono più esposti al rischio di svilupparne altre nel tempo rispetto alle persone sane. In particolar modo, psoriasi, spondiloartriti e malattia di Crohn sono presenti in associazione nel 25% dei pazienti. Anche se si tratta di patologie estremamente diverse tra loro, condividono gli stessi meccanismi immunitari e infiammatori di base e sono perciò spesso presenti in associazione. Queste malattie, infatti, sono accomunate da uno stato infiammatorio cronico che indica che qualcosa nel sistema immunitario non funziona a dovere e sbaglia bersaglio dirigendosi contro se stesso.

Per questi motivi, serve formare gli specialisti ad una maggiore visione della complessità del paziente come accade al corso Gestione Multidisciplinare delle malattie infiammatorie immunomediate, appena concluso a Roma, organizzato dall’Accademia Nazionale di Medicina con il contributo non condizionante di Biogen e dedicato a dermatologi, reumatologi e gastroenterologi. “Le malattie reumatiche infiammatorie sono spesso sistemiche, ossia possono colpire organi diversi. Così i pazienti con artrite psoriasica rappresentano il 25% dei pazienti che soffrono di psoriasi pari a circa 350.000 italiani – spiega Fabrizio Conti, della Cattedra di Reumatologia Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma, coordinatore del corso – Fondamentale, dunque, mettere il paziente al centro di una visione clinica a 360° così da garantirgli cure più efficaci e personalizzate. In questa ottica un corso di formazione che coinvolga i diversi specialisti che si trovano a gestire le patologie infiammatorie immuno-mediate consentendogli di avere una visione e una gestione più globali dei loro pazienti è perciò un’occasione preziosa, utile per migliorare le capacità diagnostiche e prognostiche ma soprattutto per migliorare le possibilità di cura dei pazienti“.

Le persone che soffrono di psoriasi, malattia che interessa circa 1,5 milioni di italiani, hanno un rischio di quasi quattro volte maggiore di andare incontro a malattie infiammatorie croniche intestinali, soprattutto la malattia di Crohn, che in Italia colpiscono 200.000 persone – spiega Giampiero Girolomoni della Clinica Dermatologica dell’Università di Verona, coordinatore del corso – Le prove del collegamento tra le diverse patologie arrivano da un’analisi, pubblicata su Jama Dermatology, che ha valutato e analizzato i dati di 8 milioni di malati con psoriasi confrontandoli con quelli di persone sane. Il paziente arriva dallo specialista di riferimento per la patologia più evidente, ma un medico attento e avvertito può riconoscere le ‘bandierine rosse’ indicative delle altre malattie e consentirne una diagnosi davvero precoce, che poi si traduce in una terapia più tempestiva e anche più adeguata, tagliata su misura sulle vere necessità del paziente“.

L’arrivo dei farmaci biologici, impiegati per molte di queste malattie, ha infatti rivoluzionato profondamente l’approccio consentendo non solo una cura più incisiva della singola patologia, ma anche di trattare contemporaneamente l’infiammazione presente in organi diversi. “Il 10-20% dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali soffre anche di una forma di artrite ed è quindi fondamentale controllare l’infiammazione spegnendola – interviene Maurizio Vecchi, Ordinario di Gastroenterologia all’Università di Milano, coordinatore del corso – L’anti TNF-alfa, per esempio, può essere utilizzato in tutte queste patologie: in alcuni soggetti può essere perciò possibile una terapia per le diverse malattie con un solo farmaco. In altri casi, invece, individuare le associazioni di patologia può servire a escludere trattamenti proposti per la malattia principale ma che potrebbero ‘cozzare’ con altre patologie immuno-mediate non ancora evidenti“.

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