Il lago d’Aral

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Il più grande disastro ecologico del XX secolo

a cura di Santi D’Aliberti

Il lago d’Aral è stato fino ad alcuni decenni fa uno dei bacini lacustri più grandi della Terra. Sorge nell’Asia centrale, in mezzo alla steppa kazaca, al confine tra gli stati dell’Uzbekstan e del Kazakstan.

Possiede due grandi immissari, il Sirdarja e l’Amudarja, e non ha emissari.
La deviazione del corso dei due affluenti, attuata in particolare a partire dagli anni ’50, ha fatto diminuire notevolmente la superficie del lago, che si avvia lentamente al totale prosciugamento.

La morte del lago d’Aral (Aralskoje More in russo, “Mar d’Aral”) è uno dei più grandi disastri ecologici della nostra epoca. L’inizio del disastro risale agli anni ’20, quando Stalin decise che l’Unione Sovietica doveva diventare autosufficiente nella produzione del cotone. Scelse gli stati dell’Asia centrale come teatro di questo progetto e, necessitando il cotone di grandi quantità di acqua, utilizzò le riserve dei fiumi Amudarja e Sirdarja per l’irrigazione dei terreni destinati alle piantagioni. Questi due grandi fiumi sono gli immissari che alimentano il bacino del lago d’Aral. Privato delle fonti di alimentazione il lago è andato via via prosciugandosi, passando da una superficie di 68.000 km2 nel 1960 (terzo lago più grande della Terra dopo il Mar Caspio e il lago Superiore) ad una superficie di appena 19.000 km2 nel 2003.
Fu costruito un canale, il Karakumy, che portava via circa un quinto delle acque dell’Amudarja, destinate ai campi di cotone del Turkmenistan.
Il principale porto che sorgeva sul lago d’Aral, Mujnak, dista adesso circa 100 km dalle rive del lago, e le dune che sorgono intorno alla città sono punteggiate da innumerevoli navi abbandonate. Entro il 2020 una distesa di acqua grande quanto l’Irlanda potrebbe scomparire per sempre.
Il prosciugamento del lago ha provocato effetti drammatici sulla pesca e su molte attività locali. Effetti devastanti si sono avuti anche sul clima locale: le precipitazioni medie annue in alcune zone sono diminuite anche del 75% e gli ingenti depositi di sale hanno provocato l’aumento di incidenza di malattie respiratorie e tumori. Fenomeno aggravato inoltre dal consistente utilizzo di pesticidi e fertilizzanti utilizzati nei campi di cotone, trasportati dai forti venti locali su tutto il territorio.


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